Tutti i vaccini contro il covid sembrano in grado di offrire “un certo grado di protezione” contro i sintomi gravi della malattia provocati da Omicron. Solo i vaccini Pfizer e Moderna, rinforzati con la terza dose, «sembrano avere un iniziale successo nel fermare le infezioni». Il New York Times delinea una mappa mondiale dei vaccini, descrivendo un quadro in cui gran parte del mondo è sostanzialmente scoperto davanti a questa nuova variante. La terza dose di vaccino Pfizer e Moderna appare in grado di fermare Omicron. Due dosi di vaccino non sembrano proteggere dal contagio ma hanno effetti in termini di efficacia contro i sintomi della malattia grave e il ricovero. E’ il quadro che si delinea mentre vengono raccolti numerosi dati, sui sintomi che Omicron provoca e sulla sua capacità di “bucare” i vaccini. L’ultima conferma arriva dalle parole di Anthony Fauci, consigliere principale del presidente Usa Joe Biden. I vaccini AstraZeneca, Johnson & Johnson e quelli utilizzati in Cina e Russia «fanno poco o nulla per fermare la diffusione di Omicron», scrive il quotidiano facendo riferimento ai primi studi. E visto che i vaccini mRna prodotti da Pfizer e Moderna vengono utilizzati in porzioni limitate del pianeta, l’allarme è servito, soprattutto sulla base dei risultati ottenuti sinora in laboratorio. I vaccini cinesi Sinopharm e Sinovac – che rappresentano una quota estremamente rilevante a livello mondiale – offrono secondo il New York Times «protezione quasi nulla dall’infezione di Omicron».

I farmaci sono stati utilizzati in Cina, ma anche in Messico e in Brasile. Il quotidiano cita uno studio preliminare britannico per evidenziare che il vaccino AstraZeneca – ampiamente impiegato anche in Italia – «non ha mostrato capacità di fermare Omicron sei mesi dopo la vaccinazione». Il vaccino, con il nome Covishield, è stato utilizzato in India e in molti paesi dell’Africa subsahariana, dove sono state distribuite 67 milioni di dosi in 44 nazioni. Simile, secondo i ricercatori, anche il rendimento del russo Sputnik. Nemmeno il monodose Johnson & Johnson appare in grado di garantire una protezione rilevante.

Il quadro complessivo viene abbozzato dal professor John Moore, virologo al Weill Cornell Medicine di New York. «Si perde per prima cosa la protezione contro l’infezione asintomatica e i sintomi lievi, si conserva molto meglio la protezione contro la malattia grave e la morte», dice l’esperto. Ma questa protezione parziale non sarà in grado di evitare un effetto massiccio a livello globale, avverte J. Stephen Morrison, direttore del Global Health Policy Center al Center for International and Strategic Studies. «L’ampiezza dell’infezione travolgerà i sistemi sanitari».

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