Non c’erano dubbi. Stefano Bonaccini è un politico perbene. Ha peccato in tempismo. Ma conta la sostanza. Ha preso una netta posizione sullo scandaloso tesseramento del Pd di Caserta. Una platea degli iscritti di 6.800 persone. Un altro po’ più tesserati che voti. Uno schiaffo a quella “onestà e sobrietà” stelle polari del governatore dell’Emilia Romagna. Ha sgombrare il campo da equivoci ci ha pensato Andrea De Maria, deputato dem, rappresentante della mozione Bonaccini nella commissione nazionale congresso. “Abbiamo lavorato con grande serietà e sempre con orientamenti assunti all’unanimità per garantire che le convenzioni di circolo si svolgessero con il massimo rispetto delle nostre regole democratiche. In particolare siamo intervenuti con grande determinazione su situazioni anomale sul tesseramento, peraltro specifiche e circoscritte”. Un colpo letale a Gennaro Oliviero. Il presidente del consiglio regionale della Campania ha fatto presentare dai suoi accoliti (centinaia) un mega ricorso contro la decisione della commissione nazionale di tagliare più della metà delle tessere. Si è passati dalla grande truffa di 6.800 iscritti alla ragionevole cifra di 3.200. Mano pesante? No, rispetto delle regole. Da Roma è arrivato lo stop alla grande truffa. Ben fatto. I dem non sono quella “roba lì” che sta con Oliviero. Il Pd è sicuramente un partito in crisi ma non è dedito al banditismo politico. Bonaccini non è stato solo coerente ma anche un galantuomo. Ha mollato un suo grande elettore. Ha preso le distanze da Oliviero. Perderà voti alle primarie? Chissà. Fatto sta che ha fatto la cosa giusta. Nel Pd non può esserci spazio per i signori delle tessere, per i sultanati, per gli assalti alla diligenza. Il terreno di scontro non è giuridico ma politico. “Come rappresentante della mozione Bonaccini nella Commissione – rimarca l’onorevole De Maria – ho sempre sostenuto il massimo rigore, su precisa indicazione del candidato che sono chiamato a rappresentare. Difendiamo insieme, come abbiamo fatto sempre tutti nelle sedi proprie degli organismi di garanzia del Congresso, il buon nome del Partito democratico, che è un patrimonio comune di tutta la nostra comunità”. Ecco, la parolina magica: comunità. Il Pd è questo, almeno vuole esserlo. Gennaro Oliviero è l’opposto. È un padre-padrone. Il colpo grosso è fallito. Pure lui. Parola di Bonaccini. Intanto, a quanto si apprende, il maxi ricorso degli olivieriani è stato accolto dalla sezione civile del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Esito scontato essendo un ricorso per ottenere la sospensiva sul voto alle convenzioni di circolo ma non nel merito. La follia è un’altra: trascinare il partito in un’aula di tribunale. La morte della politica. Ed è l’ennesima riprova che si vuole male al Pd. Il 19 novembre non si voterà nei circoli. Per decisione di Enrico Letta, non di un tribunale. Per cortesia, qualcuno ci presenti i 6.800 tesserati di Caserta. Li vorremmo conoscere. Ma il dato politico è tratto: Gennaro Oliviero è ormai un ex esponente del Partito democratico. Si è affossato da solo. E ha lasciato il deserto dietro di sé.
Mario De Michele