Consulenze, incarichi, distaccamenti, comandati. È uno dei capitoli dell’inchiesta sulla Sma Campania, la società regionale specializzata (almeno sulla carta) nella bonifica ambientale, il cui ex management è stato travolto da una inchiesta della Procura di Napoli. Tre pubblici ufficiali in cella – tra cui l’ex consigliere regionale Luciano Passariello – sei misure cautelari a carico di manager e imprenditori, ma anche un versante tutto da approfondire: è il capitolo delle consulenze e degli incarichi esterni, che sarebbero stati chiamati a lavorare come professionisti su mandato politico, con un intervento di sapore clientelare. Stesso discorso per quanto riguarda gli impiegati (il cui numero è ancora poco chiaro), che sono stati negli anni distaccati da uffici periferici della pubblica amministrazione alla Sma Campania. Passaggi di mansione per impiegati che – dal giorno alla notte – vedevano raddoppiare il proprio stipendio, in una bolla economica ora più che mai finita al centro delle indagini della Procura guidata da Rosa Volpe. Inchiesta condotta dai pm Ivana Fulco e Henry John Woodcock, finanzieri del comando provinciale al lavoro, il capitolo delle consulenze e degli incarichi prende le mosse dalle accuse firmate dall’ex amministratore unico della Sma. Si chiama Lorenzo Di Domenico ed è reo confesso. È il principale (e al momento unico) accusatore dell’ex consigliere regionale Luciano Passariello, finito a Poggioreale nel blitz di lunedì mattina. Chi è Di Domenico? È un commercialista diventato manager della più importante macchina di appalti in Regione, negli anni della grande emergenza fanghi industriali, per volere di Luciano Passariello. Di recente, Di Domenico gestisce un bar alla Ferrovia, dopo aver chiuso il primo grado di giudizio a due anni di reclusione, ammettendo di aver intascato tangenti (una da 5mila euro). Una confessione poi culminata nelle accuse a Passariello. Ha spiegato Di Domenico, a proposito dell’ex consigliere: «Aveva una lista di società a cui chiedeva tangenti, erano tutte quelle che lavoravano per la Sma. Niente tangenti, niente appalti – ha spiegato il manager pentito -; una volta mi disse che la mia nomina alla Sma serviva a fargli fare soldi».

Parole che hanno spinto il giudice Antonio Baldassarre a far scattare le manette ai polsi dell’ex consigliere (ed ex presidente della Commissione antimafia di Palazzo Santa Lucia), ma anche nei confronti di due dirigenti della Sma, vale a dire Cosimo Silvestro (difeso dall’avvocato Giuseppe De Angelis) e Alessandro Soria, entrambi costretti a difendersi dall’accusa di essere “avidi” nelle richieste di denaro e doni (tra cui una Range Rover pagata dall’imprenditore Salvatore Abbate). Ma torniamo alla storia delle consulenze e degli incarichi di lavoro per professionisti esterni alla Sma. Anche in questo caso al vaglio ci sono le accuse di Lorenzo Di Domenico, che punta l’indice contro il suo ex sponsor politico: «Buona parte degli avvocati nominati da Sma sono stati nominati su input del Passariello». Una versione che va ovviamente verificata, alla luce di quanto verrà raccontato questa mattina dallo stesso politico finito in manette. Difeso dal penalista napoletano Giuseppe Ricciulli, Passariello sarà davanti al giudice e ai pm dopo due notti in cella, nel chiuso del padiglione Firenze di Poggioreale. Dovrà raccontare la sua versione dei fatti, a partire dalla nomina a presidente della Commissione delle partecipate (dunque anche della Sma), nell’ormai lontano 2016, che fece tanto fibrillare una parte di opposizione in Consiglio regionale. Non è impossibile oggi intuire la strategia difensiva di Passariello, che punterà a replicare alle accuse di Di Domenico, provando a dimostrare un dato su tutti: non c’è un solo imprenditore in questa storia in grado di affermare di avergli dato soldi. Tutti gli imprenditori che hanno ammesso di aver versato tangenti «per Passariello» – è la versione difensiva – sostengono di aver girato mazzette nelle mani del solo Di Domenico o degli altri dirigenti finiti sotto inchiesta. Dunque, mancherebbero – nell’ottica di Passariello – un riscontro finale sul destinatario delle mazzette. E sempre a proposito di tangenti, sono altri i filoni da approfondire, come emerge anche dal filone dei subappalti. C’è una intercettazione del quattro gennaio del 2018, che riguarda l’imprenditore Salvatore Abbate (a cui vennero sequestrati 4 milioni e mezzo in cantina) e un altro imprenditore legato a una società di Ecologia. Sono contenti e fiduciosi, perché si stanno spartendo un appalto assegnato senza gara e a trattativa diretta (grazie alle tangenti pagate da Abbate), quando il socio di Abbate esplode di gioia: «Il polpo è cotto», a proposito della grande torta all’ombra dell’emergenza ambientale in Campania.

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