di Mario De Michele
Meglio una valutazione sbagliata che la totale assenza di valutazione. Dentro il bosco, ripescando un’immagine di Descartes, bisogna scegliere se andare a destra o a sinistra. Chi resta fermo muore nel bosco. E dunque, traslando l’amore per il sapere alla passione per la politica, è giunta l’ora per i democratici di votare per Stefano Bonaccini o per Elly Schlein. Il bivio non è destra o sinistra. Entrambi dicono di voler ricostruire un partito di sinistra. Che vuol dire tutto e niente se questa aspirazione non è riempita di contenuti. E qui vengono a galla le differenze. Sostanziali. Il governatore dell’Emilia Romagna vuole, almeno a parole, parlare a tutti. Con il rischio che parlando a tutti si finisca col non parlare a nessuno. La leader di Open Pd, può sembrare una bestemmia, ha un approccio gramsciano. Parlare a una parte. Parte…ggiare per una fetta, la più ampia possibile, della società. Quella che negli anni dello strapotere del liberismo globalizzato è rimasta indietro. Quella orfana di rappresentanza politica. Ecco, nessuno dei due candidati alla segreteria dem vuole cancellare la sinistra. Ma con Bonaccini il Pd sarà un partito di centro-sinistra. Con la Schlein di sinistra-centro. E non è poco. Non è questione di lana caprina. Tantomeno di schemi del passato. Lo schema è attualissimo. E stringente. Cosa vuole fare da grande il Partito democratico? Questo è il senso profondo delle primarie. Dal Lingotto a oggi in tanti hanno provato a dare una risposta. È sempre stata quella sbagliata. Sette milioni di voti non si lasciano per strada perché “il popolo non capisce”. Non ha più fondamento nella realtà il motto brechettiano: “Il Comitato centrale ha deciso: poiché il popolo non è d’accordo, bisogna nominare un nuovo popolo”. La disamina da fare è l’opposto: “Il partito ha deciso, poiché il popolo non è d’accordo, bisogna rifondare il partito”. Per troppo tempo la sinistra italiana ha vissuto sulla rendita del berlusconismo. La demonizzazione del Cavaliere è stato l’unico punto di cucitura del Pd. “Siamo contro Berlusconi, siamo contro il centrodestra”. Fino alla strategia(?) folle che ha portato di filato la Meloni al governo. “Siamo contro le destre”. Postumi del Pci. Che, in tempi di guerra fredda, essendo consapevole dell’impraticabilità politica di andare al governo, affiggeva in campagna elettorale manifesti con la scritta a caratteri cubitali: “Siamo il cuore dell’opposizione”. In epoca social, dove tutti si schierano, spesso non a ragion veduta, su un post con migliaia di commenti favorevoli o contrari non si può più attingere dall’esistenzialismo montaliano: “Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. Bisogna obliterare il biglietto delle scelte. Invertire il senso di marcia. Il Pd deve dire ciò che è e ciò che vuole. L’idea di partito di Bonaccini è diafana. Quella della Schlein è identitaria. Un aggettivo declinato in senso negativo dai seguaci del presidente dell’Emilia Romagna. Errore da asilo nido della politica. Avere un’identità non significa affatto farsi risucchiare dal vortice del settarismo. È il contrario. È rendersi riconoscibili nei valori e negli obiettivi. Teoria e prassi. Senza carta d’identità si è sconosciuti. Tradotto in politica: misconoscere le proprie radici e di conseguenza incedere senza meta. Vagare come anime in pena, destinate a restare nel limbo per l’eternità. Essere marginali. Sempre più. Col rischio di scomparire dalla società. E finiamola con sta’ storia che destra e sinistra sono ormai concetti superati. Basta leggere un pamphlet di Bobbio per coglierne la differenza siderale. La contrapposizione netta. Tesi e antitesi, con buona pace dell’heghelismo. La perenne contrapposizione tra classi che, certo, non sono più quelle marxiane. Ci mancherebbe. Nel libro “Destra e Sinistra” l’accezione di Bobbio, che affronta la questione a partire dal suo più profondo nucleo teorico, è inespugnabile: coloro che si proclamano di sinistra danno maggiore importanza, nella loro condotta morale e nella loro iniziativa politica, a ciò che rende gli uomini eguali, o ai modi di ridurre le diseguaglianze; mentre coloro che si proclamano di destra sono convinti che le diseguaglianze siano ineliminabili e che non se ne debba neanche auspicare necessariamente la soppressione. Egualitarismo e classismo. Concetti attualissimi e pregni di significato, in un mondo dove il divario tra ricchi e poveri si è allargato al punto che in ogni crisi economica più è grave la crisi più i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Su questo crinale si gioca la partita delle primarie Pd. Tra Bonaccini e Schlein il vero utopista è il primo. Che con un partito ridotto al 15% rimarca la sua “vocazione maggioritaria”, rilancia l’interclassismo democristiano. Ma la Dc, per fortuna o purtroppo, non c’è più da un sacco. Quella pragmatica è Elly. Con i dem senza un’identità precisa il popolo della sinistra continuerà a lasciare le urne vuote. Schlein e la sua squadra hanno compreso che quel vuoto va riempito. Dentro il bosco bisogna scegliere se andare a destra o a sinistra. Restando fermi si muore.