“Non vedo perché dovrei dimettermi”. Rosi Mauro, la ‘pasionaria’ padana dai natali pugliesi, non si smentisce. E in barba alle pressioni provenienti dallo stesso Umberto Bossi, non abbandona lo scranno di vicepresidente del Senato. Almeno, non ancora. Perché da lì vuole difendere la sua verità: le accuse emerse dai verbali dell’inchiesta sui soldi della Lega non sono fondate. “Non ho mai preso un euro”, dice ‘la Rosi’. Ma il ‘triumviro’ Roberto Calderoli annuncia: se non dimette, prenderemo provvedimenti. Le poche righe della lettera di dimissioni, raccontano in ambienti della Lega, fin dal mattino sono scritte e pronte per essere inviate al presidente Schifani. L’annuncio è atteso. Il triumvirato Calderoli-Maroni-Dal Lago che adesso regge il partito, sollecita “ufficialmente” il passo indietro.

‘La Rosi’ sente al telefono Umberto Bossi e con lui lamenta accuse infondate e un vero accerchiamento mediatico. Poi matura la decisione che spiazza tutti. Osa sottrarsi a quell’uscita di scena toccata pure a Renzo, figlio del ‘capo’. “Non mi dimetto. Ho tutti gli elementi per difendermi e lo farò anche nell’Aula del Senato. Ho parlato con Bossi e la Dal Lago. Mi dicono che per opportunità politica dovrei dimettermi. Ma per la prima volta – racconta – ho detto no a Bossi”. Si sente accerchiata, la senatrice del Carroccio. “Come se mi avessero messo in croce…”, confessa a Porta a Porta. “Io non ho fatto niente di male, di illegale. Non vedo perché mi dovrei dimettere per dimostrarlo”. Ma come, obietta Vespa, anche Bossi e suo figlio si sono fatti da parte… “Ognuno fa ciò che si sente”, replica Mauro. “Mi costa molto dire no al partito”, assicura. E si fa sfuggire qualche lacrima. Lei, la dura che Bossi volle alla testa del sindacato padano e poi al suo fianco (fino a guadagnarle i galloni di ‘badante’) per l’irruenza e la voce tonante (“A un’assemblea di tranvieri – racconta il primo incontro il Senatur – stà ragazzetta sale su un tavolo e urla mettendo tutti a tacere…”). Eccola, dunque, l’autodifesa, recitata davanti alle telecamere. “La Lega non mi ha mai dato un euro”. I soldi di cui si parla erano “donazioni del partito al Sindacato padano”. Ma “tutti lo sapevano, anche Bossi, perchénon c’era niente di illegale”. E i “29 mila franchi alla Nera”, citati nelle intercettazioni? Mauro, che nel Carroccio ha anche questo nomignolo, assicura: “La Nera è l’infermiera svizzera che segue Bossi”. E la laurea comprata con soldi del partito? “Ero asina a scuola, non mi ha mai neppure sfiorato l’idea di iscrivermi a una università. Posso escluderlo anche per il mio caposcorta, Paolo Moscagiuro”, che “non è il mio compagno”. Ma all’autodifesa della Rosi sembrano sordi leghisti e avversari politici. Da Bergamo, dove i ‘barbari sognanti’ si preparano ad accogliere Bossi e Maroni, si levano gli slogan furenti: “Chi non salta Rosi Mauro è”, “Badante puttana lo hai fatto per la grana”. Molto più istituzionali, ma altrettanto dure, le reazioni di Pd e Idv (mentre il Pdl fa registrare un imbarazzato silenzio). Domani mattina la capogruppo democrat Anna Finocchiaro solleverà in Aula la questione delle dimissioni. E il partito di Di Pietro, annuncia il capogruppo Felice Belisario, uscirà dall’emiciclo ogni volta che Mauro presiederà. E’ sola contro tutti, ‘la Rosi’. Lo ‘ufficializza’ il triumviro Calderoli: se non si dimetterà, anche in extremis, “il movimento dovrà assumere decisioni nei suoi confronti”. Ma dalle barricate la ‘pasionaria’ non scende: “Prima voglio difendermi. Faccio a modo mio”.

 

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