Il Parlamento va avanti con la linea durissima contro il pezzotto – la pirateria tv del calcio – ma l’industria tech non ci sta e ora alza le barricate. A partire dagli operatori telefonici, la protesta è unanime: la nuova norma anti-pezzotto passata lunedì al Senato e poi alla Camera, con la fiducia, col decreto Omnibus scarica una responsabilità eccessiva sui fornitori di servizi internet. L’industria (per bocca delle associazioni di settore Asstel, Aiip, Assoprovider, Anitec Assinform) è critica soprattutto verso la previsione del carcere per gli operatori. Da Agcom – soggetto attuatore della norma – arrivano però anche le prime rassicurazioni: “Sono fiducioso che nella collaborazione con gli operatori, a valle dell’approvazione della norma, troveremo la giusta sintesi operativa che la renda sostenibile, per continuare a lavorare in armonia come fatto finora”, dice il commissario Massimiliano Capitanio. La norma mira a potenziare l’attuale sistema antipirateria “Piracy Shield” gestito da Agcom (autorità garante delle comunicazioni), per rendere più difficile la vita ai pirati, utenti compresi, per i quali le sanzioni vanno dai 150 ai 5mila euro. Un fenomeno che – secondo dati Fapav e Ipsos riportati da Agcom – “ruba” dieci mila posti di lavoro ai giovani nei settori del cinema e dello sport. Ricordiamo infatti che anche se il pezzotto è usato soprattutto per accedere a streaming pirata di partite di calcio, permette anche di vedere, in modo illecito, pure film e serie tv. La norma permette ad Agcom di ordinare “ai prestatori di servizi, compresi i prestatori di accesso alla rete e i fornitori di servizi di VPN e quelli di DNS pubblicamente disponibili ovunque residenti ed ovunque localizzati, di disabilitare l’accesso a contenuti diffusi abusivamente mediante il blocco della risoluzione DNS dei nomi di dominio e il blocco dell’instradamento del traffico di rete verso gli indirizzi IP univocamente prevalentemente destinati ad attività illecite”. I fornitori di servizi internet coinvolti hanno 30 minuti per bloccare le risorse di rete in questione. Chi viene accusato di non collaborare rischia fino a un anno di carcere.

Le proteste
È questo in particolare che fa rabbrividire l’industria, che ora quindi mette in dubbio la tenuta della collaborazione finora avuta con Agcom a tutela del diritto d’autore. In altre parole: rischia di saltare il tavolo e la norma può avere un effetto contro producente. “Riteniamo che l’approccio di ‘sistema’ e collaborativo attuato fino ad oggi, che ha consentito di dotare l’Italia di un importante strumento di legalità nell’ambiente online, non debba essere ostacolato dall’attribuzione agli Operatori di responsabilità di natura penale che non sono coerenti con la natura di fornitori di servizi di accesso alla rete e con i principi generali dell’ordinamento delle comunicazioni stabiliti a livello Comunitario”, comunica Asstel, che raccoglie i principali operatori telefonici. È d’accordo Giovanni Zorzoni, presidente di Aiip (associazione provider internet italiani), tra i primissimi a lanciare l’allarme. “Oltre al danno per gli operatori, costretti a ulteriori significativi investimenti per poter gestire un numero crescente e indeterminato di filtraggi, questo scenario condurrebbe a un graduale ma inarrestabile blocco di risorse di rete già scarse”. “C’è il serio rischio che si arrivi a chiedere alle aziende filtri infiniti senza invece, come da noi richiesto da tempo e sempre promesso dalla politica, procedere alla revisione periodica degli indirizzi oscurati e agli sblocchi di risorse non più utilizzate illegalmente”. “Come si può rischiare un procedimento penale per non aver segnalato un mero sospetto, potenzialmente infondato, o per la “colpa” di non aver sospettato, in presenza di incerti “motivi” neppure individuati dalla norma penale?”, continua Zorzoni. “Si tratta di una previsione incostituzionale, indeterminata, che imporrebbe agli operatori Internet obblighi di sorveglianza generalizzata, seguendo un modello che si pone al di fuori dell’Occidente democratico. Come AIIP, ma sono certo che non saremo i soli, avverseremo in ogni sede italiana ed europea queste modifiche, qualora venissero approvate”, conclude.

Non solo sproporzionata ma anche inattuabile, al punto da essere dannosa al sistema, è il parere anche di Anitec Assinform, associazione nazionale delle imprese ict e dell’elettronica di consumo aderente a Confindustria. La norma “colpisce soggetti totalmente estranei all’oggetto del reato di cui sono responsabili chi diffonde illecitamente contenuti online e chi usufruisce di tali contenuti. I motori di ricerca, così come i prestatori di servizi di accesso alla rete e i fornitori di servizi della società dell’informazione sono, infatti, da considerarsi dei meri intermediari che non possono vedersi attribuita una responsabilità penale non coerente con la natura dei servizi da loro prestati”. “Su un piano strettamente operativo, bisogna, inoltre, segnalare come la norma non identifichi i criteri, modalità e condizioni che determino l’effettiva condotta omissiva, a partire dall’effettiva conoscenza da parte dei soggetti intermediari della condotta di reati commessi da terze persone, il che comporterà evidenti difficoltà di applicazione della disposizione”, scrive l’associazione. “Infine, tale misura è senza dubbio un unicum nel panorama europeo. Tale disposizione configurerebbe, infatti, una possibile violazione di principi fondamentali del diritto dell’Ue, a partire dal principio del cd. country of origin, il quale prevede che le imprese possano essere soggette esclusivamente alle norme del Paese in cui sono stabilite. Tale principio, infatti, ha il chiaro obiettivo di evitare che l’imposizione di norme nazionali ad aziende stabilite in altri Stati membri possa ostacolare il commercio intra-Ue, intaccando la coesione economica e sociale dell’Unione”. L’auspicio dell’associazione è che “Governo e Parlamento possano valutare una modifica sostanziale della norma in esame per garantire piena armonia con i principi del diritto dell’Unione Europea, tenendo conto del corretto funzionamento del mercato e dei servizi prestati dalle aziende del settore”.

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