MARCIANISE – Avevano creato un’organizzazione ben collaudata in grado di salvare immobili abusivi destinati alla demolizione attraverso la produzione di certificati falsi, a prescindere dall’istruzione delle relative pratiche.

Un sistema che aveva il proprio perno nell’ufficio tecnico del Comune di Marcianise, nella persona di Angelo Piccolo, sessantaduenne ingegnere e attuale dirigente capo dell’Utc, e nel suo stretto collaboratore oggi in pensione Tullio Coccoli, 55 anni, fino al 2008 tecnico istruttore presso l’ufficio comunale. Per loro il Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere Cettina Scognamiglio ha disposto con ordinanza di custodia cautelare la restrizione agli arresti domiciliari per i reati di associazione a delinquere, truffa ai danni dello Stato, abuso d’ufficio, falso ideologico e materiale in atti pubblici, omissione di atti d’ufficio e realizzazione di opere abusive.

Altre quattro ordinanze applicative del divieto di dimora nel comune di Marcianise sono state disposte nei confronti dei due dipendenti dell’Utc, Alberico Matteo di 58 anni e del geometra Giuseppe Di Leva di 55, dell’ex dipendente dell’ufficio protocollo del comune Filippo Zibideo, 65 anni e del progettista privato Salvatore Maietta di 47 anni. In tutto sono 94 gli indagati per 242 capi di imputazione, tra cui decine di cittadini che “ben conoscevano il sistema, noto grazie ad un semplice passaparola” ha affermato il procuratore aggiunto di Santa Maria Capua Vetere, Luigi Gay; sono invece 180 gli immobili abusivi, comprensivi di numerosi appartamenti, per cui é emersa la documentazione falsa nel periodo 2007-2008, anni in cui l’amministrazione era guidata dal sindaco Filippo Fecondo. A condurre l’inchiesta la Squadra Mobile della Questura e gli uomini del posto fisso di Casapesenna diretti dal dirigente Alessandro Tocco. Ma un ausilio importante è stato dato dalla polizia municipale di Marcianise che ha praticamente dato il via alle indagini effettuando nel 2008 accertamenti su alcuni immobili abusivi posti sotto sequestro la cui posizione era stata però sanata dall’ufficio tecnico comunale. Poco dopo è scattato il sequestro dei titoli falsi, che ha impedito agli inquirenti di proseguire l’indagine sotto traccia con l’utilizzo di intercettazioni che avrebbero potuto far emergere un eventuale passaggio di danaro, prova dell’accordo corruttivo che si ritiene possa esserci stato. L’inchiesta è così proseguita attraverso analisi documentali, in particolare da parte del team di investigatori del posto fisso di Casapesenna appositamente creato e guidato dall’ispettore Salvatore Di Iorio, consulenze tecniche e grafologiche, sequestro di immobili abusivi, sopralluoghi, che hanno permesso di far luce sulla doppia modalità di abuso commessa in tandem dai pubblici ufficiali e dai cittadini. Da un lato, venivano preparati titoli abilitativi in sanatoria ai sensi della legge 326/93 totalmente illegittimi, con tanto di timbri comunali e firme del dirigente dell’Utc e numeri di protocollo falsificati; alla pratica completamente inventata si allegavano anche grafici progettuali realizzati da tecnici scelti dai cittadini che erano d’accordo con i pubblici funzionari. In altre circostanze invece, le pratiche per il condono erano state effettivamente aperte, e i tecnici del Comune facevano in modo che il procedimento andasse a buon fine in violazione dei presupposti normativi: in molti casi, hanno accertato gli investigatori, sono stati rilasciati titoli nonostante le relative domande fossero state presentate oltre i limiti temporali previsti, o mancassero i versamenti degli oneri concessori, o ancora in presenza di irregolarità relative alla superficie condonabile. Spesso venivano modificata la volumetria permettendo ai cittadini di pagare meno oneri, in altri casi sono state trovate ricevuti di versamenti mai effettuati, con danni per decine di migliaia di euro per le casse comunali. “Ciò che emerso è una prassi totalmente illegale – ha spiegato il procuratore Gay – ci aspettiamo ora delle risposte da parte della pubblica amministrazione. Serve una maggiore collaborazione da parte degli enti locali, cosa poco riscontrata nell’inchiesta odierna”. Nessuno tra i coinvolti nell’indagine ha ammesso le proprie colpe.

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