NAPOLI – I tre documenti presentati dagli organizzatori delle regate per rendere pubblici i dati della tappa napoletana delle World Series, si rivelano lacunosi e inappropriati”, lo dichiara l’associazione Fare città.

“Il primo documento – spiegano – a cura dell’Osservatorio Mercato Nautico e dell’Università di Tor Vergata, descrive l’evoluzione dell’America’s Cup dal 2003 al 2013 e non fornisce informazioni rilevanti in questo contesto. Il secondo documento, invece, è a cura della Dipartimento di studi aziendali dell’Università Parthenope di Napoli e dovrebbe dare informazioni in merito alla stima delle presenze nell’area del public village e all’indagine di costumer satisfaction condotta sia sui turisti sia sui residenti. In merito al primo dato non è supportato da alcun elemento metodologico, il documento non spiega qual è il metodo con cui sono state stimate le presenze e, quindi, quali sono le modalità di scelta degli spettatori a cui sottoporre il costumer satisfaction. Né viene chiarito il numero di “spettatori unici”: dato importantissimo, ovviamente presente nel documento di Plymouth. Né contiene informazioni circa la spesa media degli spettatori”.

“Il terzo documento – proseguono – quello a cura della Deloitte Spa, è quello più denso di dati quantitativi, anche se si basa su una rabbrividente premessa: la Deloitte non si assume la responsabilità dei dati forniti, in quanto si fondano su informazioni ottenute dal cliente e da stime effettuate dall’università Parthenope di Napoli; del resto la Deloitte ha ricevuto l’incarico di rendicontare l’impatto dell’iniziativa sul territorio solo a regate concluse. La numerosità campionaria prescelta (304 rispondenti) corrisponde allo 0,05% circa delle presenza stimate, e non si fornisce alcuna altra indicazione circa le modalità di selezione dei soggetti intervistati e non da elementi di scientificità di questi questionari sottoposti. Tra i numeri appare anche il dato di ricaduta occupazionale sul territorio: si parla di 1370 unità. Come vengono calcolate? Di che tipo di occupazioni si tratta? Sulla nuova occupazione generata dall’evento nel documento non vi è più traccia”.

“In ogni caso – aggiungono – le stime fatte (molto fantasiose) andrebbero calcolate al netto dell’investimento, non al lordo. Facciamo un solo esempio: è calcolata come ritorno la spesa degli equipaggi; ma quella spesa è stata ampiamente finanziata dalle istituzioni napoletane, che hanno anche previsto e corrisposto un fee agli organizzatori di 5.000.000,00 di euro. Da tutto ciò e da molte altre costatazioni che sono visibili nel sito di Fare città (www.associazionefarecitta.it) si può dedurre che sia lo studio dell’Università Parthenope sia quello della Deloitte sono fortemente incompleti, privi sia dei supporti metodologici sia statistici per poter essere anche minimamente attendibili”.

“Solo Fare città ha condotto un’analisi, con tutti i limiti derivanti dal non avere informazioni solide circa i dati, presentata in una conferenza stampa ad un mese dalla fine delle regate. Rispetto a quanto precedentemente riportato c’è un “errore”: il costo dell’evento a Napoli non è stato di 26,22 volte superiore rispetto a quello in Plymouth ma di 44,51. Sembra che l’unico risultato davvero rilevante sia quello della comunicazione, non veritiera e sicuramente poco trasparente, su cui varrebbe la pena indagare. Fare città invita i tecnici delle diverse parti a confrontarsi in una tavola rotonda aperta al pubblico per fare finalmente chiarezza ed eliminare ogni dubbio, sicuri che ognuno sarà forte del proprio lavoro e non avrà problemi a confrontarsi con altri” concludono dall’associazione.

 

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