Senza una soluzione al problema della stabilità finanziaria e dunque al nodo degli spread, l’Italia non darà via libera al pacchetto del Vertice Ue, anche a costo di bloccare il piano per la crescita da lei stessa chiesto da tempo.

La “riserva” (di fatto un veto) di Mario Monti arriva a tarda sera: il premier italiano è seduto al tavolo del summit, davanti a lui Angela Merkel. Il professore scandisce le parole: tutto ciò che è stato discusso finora non può considerarsi approvato, compreso il piano per la crescita, fino a quando non si troverà un’intesa anche sulla necessità di dotare in tempi brevi l’Eurozona di un meccanismo che stabilizzi i mercati e tuteli i Paesi virtuosi dalle distorsioni del mercato sui titoli sovrani. Insomma, senza lo scudo anti-spread, l’Italia non firmerà l’accordo. In sala, raccontano, cala il gelo. La Merkel Tace. Ma non è finita qui: a prendere la parola è Mariano Rajoy. Lo spagnolo si schiera con Monti e anche lui minaccia di non firmare senza soluzione a “breve termine”. Entrambi sono pronti a rinunciare a quelle misure da 120-130 miliardi per il rilancio dell’economia che chiedono da tempo, ma evidentemente la posta in gioco (la riapertura dei mercati) è troppo alta. E siccome il piano per la crescita è fortemente voluto da Francois Hollande, nel pressing su Berlino si aggiunge anche Parigi, peraltro già schierata in favore della proposta di Monti. L’aut aut italiano e spagnolo arriva proprio mentre gli ‘sherpa’ del gruppo di lavoro dell’Eurogruppo, dove per l’Italia siede il viceministro Vittorio Grilli, mettono sul tavolo dei leader un’ipotesi che contiene uno degli elementi chiesti proprio dall’Italia: dare al Fondo salva-Stati la licenza bancaria che gli consentirebbe di prendere in prestito denaro a tassi agevolati dalla Bce per acquistare i titoli pubblici di quei Paesi che hanno determinati requisiti: che hanno cioé conti in regola e riforme strutturali fatte. Grilli ha in qualche modo fatto passare il principio (finora fermamente contrastato da Berlino) che ora però deve essere vagliato a livello di capi di Stato e di governo. “La parola spetta ai leader e non è detto che l’idea non si areni”, spiega una fonte italiana che spiega così il veto italiano. E su questo stallo, mentre l’Italia calcistica trionfa sulla Germania, Monti si dirige alla cena di lavoro. Van Rompuy, in conferenza stampa, non può annunciare l’accordo sulla crescita, spiegando che “due Paesi” (presumibilmente Italia e Spagna) chiedono misure di “breve periodo” per stabilizzare i mercati. Non dice nulla sul veto di Roma e Madrid, timoroso che la notizia faccia esplodere il ‘caso Italia’. Cosa che gli costa dure critiche dalla delegazione italiana. Ma ormai il dado è tratto. Monti pretende che nella dichiarazione finale ci sia un impegno formale a risolvere il problema della stabilità dell’euro, dando mandato all’Ecofin successivo di studiare i dettagli tecnici. Senza, l’Europa uscirà dall’ennesimo Vertice salva euro con un nulla di fatto. La parola, ora spetta ad Angela Merkel.

 

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