Carlo Pascarella
CASTELVOLTURNO. La camorra che operava sul litorale domizio per conto del clan dei Casalesi ordinò furti a tappeto per punire i titolari dei negozi che si erano rifiutati di aver pagato il pizzo. E’ emerso dalle indagini della Dda sul conto del gruppo del defunto padrino Pasquale Morrone, per alcuni anni capozona della fazione Bidognetti a Castelvolturno. In particolare, secondo le rivelazioni dei collaboratori di giustizia, furono due gli episodi commissionati dalla camorra: ai danni di una profumeria e di un bazar. In primo luogo a ricostruire gli eventi, davanti ai magistrati della procura napoletana, è stato il pentito Aldo Catone. “Fui io ad effettuare un furto presso una profumeria ubicata in centro a Castelvolturno. Lo commisi su disposizione di Pasquale Morrone perché il proprietario non voleva pagare la tangente. Anche in questo caso – ha riferito il pentito – Morrone mi fece presente che non poteva incendiare quell’esercizio perché nelle vicinanze c’erano molte abitazioni. Devo precisare che l’ordine di eseguire il furto l’ho ricevuto materialmente da un affiliato al gruppo Morrone, tale Tommmaso Vito. Quest’ultimo accompagnava spesso la moglie ed i figli di Morrone ai colloqui in carcere. Prima di commettere il furto Vito e Giovanni Russo furono inviati da Morrone presso il proprietario dell’abitazione ubicata sulla profumeria, al quale fu intimato di lasciare aperto il cancello di accesso allo stabile”. Sempre Catone ha ricostruito le dinamiche di un altro furto commesso su ordine della camorra a Castelvolturno. “Entrai in azione – ha rivelato Catone – all’interno di un negozio denominato ‘Gran Bazar’. Anche in questo caso mi fu ordinato da Morrone in quanto il proprietario del bazar, secondo lui, era un confidente delle forze dell’ordine. Commisi il furto insieme con Antonio Razza, Mario Buonocore e Ferdinando Papa. La merce che rubammo fu caricata su due automobili, una Tipo ed una Regata, piene di giocattoli e videogiochi”. Un altro collaboratore di giustizia, Giuseppe Cecoro, un tempo elemento apicale della malavita casalese operante sul litorale, ha confermato le rivelazioni di Catone: “ Effettivamente Catone – ha svelato Cecoro ai magistrati – poteva eseguire furti nella zona solo e soltanto su nostra indicazione. Offrivamo ai commercianti sotto estorsione la protezione. Catone usava spesso un camion per commettere le incursioni nei negozi”.