Passa il vaglio del parlamento una delle misure della spending review che nell’immaginario collettivo rappresenta più di altri i tagli alle spese inutili: si tratta del riordino delle province, approvato oggi dalla commissione Bilancio del Senato, dopo un lunghissimo braccio di ferro tra il governo e i senatori. Entro dicembre si arriverà a un dimezzamento di questi Enti, dopo una consultazione delle Regioni e degli amministratori locali ai quali il ministro Filippo Patroni Griffi chiede di “guardare avanti”. In serata la commissione dovrebbe concludere l’esame del decreto affrontando l’altro grande tema di scontro, vale a dire i tagli alla sanità e alla spesa farmaceutica. Dopo giorni di stallo, in cui il ministro della Funzione pubblica ha fronteggiato le richieste di allargare le maglie.
Tra di esse un emendamento bipartisan teso a salvare le province delle Regioni che ne hanno oggi solo due (Umbria, Basilicata e Molise). Visti i campanilismi, il governo e i due relatori, Gilberto Pichetto Fratin (Pdl) e Paolo Giaretta (Pd), sono giunti a una mediazione. Sono state eliminate le parole “soppressione e accorpamento” delle province, ed è stato introdotto il concetto di “riordino di tutte le province delle Regioni a Statuto ordinario”. Quindi tutte saranno, per così dire, azzerate, non ce ne saranno alcune che “annettono le altre”, come ha sottolineato Patroni Griffi. Il meccanismo prevede che ora le Regioni, con i rispettivi Consigli delle autonomie, avanzino una “ipotesi” di riordino in modo che entro dicembre si arrivi al riordino definitivo, che porterà ad un dimezzamento di questi Enti Locali. Patroni Griffi ha lanciato un appello agli amministratori locali a superare “particolarismi e titubanze” e a guardare avanti. In giornata la commissione ha approvato molti altri articoli ed emendamenti. Molti di essi hanno la stessa impronta: eliminare o limitare i tagli di spesa sostituiti con nuove entrate, il che contraddice la filosofia stessa del decreto. La più clamorosa della giornata è l’aumento delle tasse universitarie per i fuori corso, che aumenteranno da un minimo del 25%, per i redditi sotto i 90.000 euro, fino al 100% per quelli superiori ai 150.000. L’altro braccio di ferro riguarda la spesa farmaceutica. I relatori giovedì notte hanno presentato un emendamento che lima il cosiddetto supersconto a carico di farmacie e aziende, e abbassa il tetto per la spesa farmaceutica territoriale. Ma su esso per tutta la giornata si è continuato a trattare. Stessa sorte per un altro emendamento bipartisan per allargare la platea degli esodati che beneficiano delle tutele. Ma su questo la Ragioneria generale non intende cedere, per mantenere invariati i saldi del decreto che serve a evitare l’aumento dell’Iva a ottobre.