SAN NICOLA LA STRADA – L’Amministrazione comunale di San Nicola La Strada, a guida del sindaco pidiellino Pasquale Delli Paoli non corre alcun pericolo circa il taglio del 25 per cento dei residui attivi, semplicemente perché non ha mai contabilizzato nel bilancio di previsione alcun residuo attivo.

Sotto questa aspetto, dunque, il comune non corre alcun pericolo di un maggiore indebitamento, come, invece, sta accadendo per moltissimi comuni italiani che, senza il 25 per cento di quei soldi contabilizzati in bilancio, si trovano sull’orlo della bancarotta, o quasi. Una norma inserita nel decreto “spending review” impone il taglio del 25 per cento dei residui attivi accumulati sino ad oggi, entrate contabilizzate ma non ancora incassate, come possono essere i proventi delle multe e la tassa sui rifiuti. Ci sono dieci grandi città italiane con più di 50 mila abitanti che sono ad un passo dal crac. Napoli e Palermo in cima alla “lista nera”, anche se da settimane una task force a Palazzo Chigi sta facendo di tutto per evitare il peggio. E poi tante altre amministrazioni, grandi e meno grandi (come Milazzo), magari fino ad oggi virtuose, potrebbero essere costrette a chiedere il “dissesto”, che significa scioglimento della consiglio, entrata in campo della Corte dei Conti e commissario prefettizio. L’ultimo colpo è una norma inserita nel decreto sulla spending review che nelle pieghe delle nuove regole che impongono “l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio” impone di svalutare del 25 per cento i residui attivi accumulati sino ad oggi. Di per sé il principio, argomenta l’ANCI, non sarebbe nemmeno sbagliato, “ma serve più gradualità per dare tempo ai sindaci che hanno utilizzato questa modalità di adattarsi. In base ai dati a disposizione del Viminale il fenomeno dei Comuni che hanno dichiarato il dissesto negli ultimi due anni è letteralmente esploso: da 1-2 casi all’anno si è passati a circa 25, comprese anche amministrazioni del Centro-Nord dove questo tipo di fenomeno fino a ieri era sconosciuto. C’è un problema di tenuta dei bilanci e ce n’è uno ancora più forte di cassa. Perché la centralizzazione della Tesoreria decisa di recente ha sì fatto affluire alla cassa nazionale qualcosa come 9 miliardi di liquidità aggiuntiva ma, al tempo stesso, ha reso più complicato da parte degli enti poter beneficiare di anticipazioni da parte del sistema bancario. Prima col proprio tesoriere municipale ogni sindaco poteva contrattare e in casi di emergenza otteneva liquidità praticamente anche gratis, ora se si rivolge ad una banca deve certamente pagare gli interessi. Ammesso che il prestito riesca ad ottenerlo. A tutto ciò occorre poi aggiungere gli ennesimi tagli ai trasferimenti imposti dalla spending review: 500 milioni già entro fine 2012 e 1 miliardo all’anno dal 2013. Bisogna essere capaci di risanare senza ammazzare l’ente, perché se soffre il Comune poi soffrono i cittadini.

 

Nunzio De Pinto

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