Nuova ordinanza di custodia per Valter Lavitola, detenuto nell’inchiesta sui finanziamenti all’editoria. E’ accusato di concorso in estorsione ai danni di Silvio Berlusconi. Con la stessa accusa è stato arrestato Carmelo Pintabona, presidente di Fesisur (Federazione associazioni siciliane in Sud America).
L’inchiesta è condotta dai pm di Napoli Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock, coordinati dal procuratore aggiunto Francesco Greco. Secondo quanto emerso dalle indagini, il direttore dell’Avanti Valter Lavitola, all’epoca latitante in America Latina, avrebbe chiesto a Carmelo Pintabona di rivolgersi all’allora premier Silvio Berlusconi perché gli elargisse una somma di danaro. la circostanza fu rivelata dallo stesso Lavitola durante un interrogatorio nel carcere di Poggioreale il 25 aprile scorso. Le indagini che hanno portato alle ordinanze di custodia cautelare nei confronti di Valter Lavitola e Carmelo Pintabona – spiega il procuratore aggiunto di Napoli Francesco Greco – hanno preso in considerazione le condotte dell’ex direttore dell’Avanti dopo l’avvio della sua latitanza in Sud America e i “supporti logistici operativi e finanziari” su cui ha potuto contare durante quel periodo nonché i contatti mantenuti con l’Italia. Secondo l’ipotesi accusatoria, è emerso tra l’altro – siega greco – che durante la latitanza Lavitola, contando sul fondamentale supporto fornito da Pintabona, ha potuto inoltrare richieste di denaro nei confronti dell’ex presidente del Consiglio nell’ambito di varie negoziazioni e intese. Gli inquirenti hanno inoltre raccolto elementi utili circa il trasferiment Valter Lavitola rivelò ai pm di Napoli, durante un interrogatorio investigativo svoltosi il 25 aprile scorso a Poggioreale, di aver chiesto soldi a Berlusconi tramite Carmelo Pintabona, presidente della Fesisur, la Federazione delle associazioni siciliane in Sud America ed esponente dell’Mpa, il Movimento per l’Autonomia fondato da Raffaele Lombardo. L’ex direttore dell’Avanti riferì di essersi trovato in gravi difficoltà economiche durante la latitanza e di essersi confidato con Pintabona un giorno in cui si erano incontrati per discutere di commercio del pesce, settore nel quale entrambi sono in affari: “Io gli dissi: vedi se tu riesci a contattare a Berlusconi per conto mio e digli che sono nella cacca.. io gli ho chiesto semplicemente, dico: vedi se riesci a contattare Berlusconi e vedi se lui è disponibile a darmi una mano; lui mi ha detto che non è riuscito a contattarlo… aveva provato ad andare a casa sua, non so se questo è vero oppure mi abbia raccontato una sciocchezza, lì a Roma, ed è stato fermato da un funzionario di polizia, non so se quando è entrato o quando é uscito, e gli hanno detto pure: lei lo sa che aiutare un latitante è favoreggiamento?”. Nella nuova inchiesta che coinvolge Valter Lavitola gli indagati sono tre: oltre all’ex direttore dell’Avanti! e a Carmelo Pintabona c’è anche Francesco Altomare, per il quale il gip Pietro Carola non ha però accolto la richiesta di arresto della Procura. Oltre che di estorsione nei confronti di Berlusconi, i tre sono accusati di intestazione fittizia di beni e di favoreggiamento nei confronti del giornalista: lo avrebbero infatti aiutato a rimanere latitante, mettendogli a disposizione una somma pari a 100.000 euro e un computer grazie al quale, tramite Skype, Lavitola aveva la possibilità di comunicare con l’Italia. Pintabona e Altomare, inoltre, secondo l’accusa facevano “da trait d’union tra Lavitola e l’on. Berlusconi, con il compito specifico di chiedere allo stesso Berlusconi, per suo conto, una somma pari a 5 milioni di euro”. Per ottenere da Silvio Berlusconi i cinque milioni di euro, Valter Lavitola, Carmelo Pintabona e Francesco Altomare, secondo l’accusa, avrebbero minacciato l’ex premier “di rivelare all’autorità giudiziaria circostanze di fatto penalmente rilevanti e pregiudizievoli per la sua posizione giuridica e per la sua immagine pubblica”: è quanto emerge dall’ordinanza di custodia cautelare notificata oggi dalla Guardia di Finanza a Lavitola e Pintabona. Le minacce, secondo la ricostruzione dei pm, furono fatte “dopo che era venuto alle cronache il caso giudiziario dei rapporti Berlusconi/Lavitola con conseguente latitanza del Lavitola”. Gli indagati avrebbero minacciato Berlusconi anche di tenere “condotte processuali non in linea con gli interessi dello stesso, nonché l’ulteriore disvelamento di (ulteriori) fatti penalmente rilevanti”. In questo modo si procurarono i cinque milioni “o comunque le somme corrisposte a titolo di acconto parziale, di ammontare in via di precisa determinazione”.