Il giorno dopo le sentenze emesse dalla Commissione Disciplinare, mentre gli avvocati sono a lavoro sulle memorie difensive da presentare alla Corte di Giustizia federale, c’e’ chi per protesta si incatena davanti alla sede romana della Federcalcio.
E’ il calciatore del Siena Emanuele Pesoli che, dopo 15 anni di gavetta, vede svanire il sogno di una vita per la squalifica di tre anni rimediata ieri, nell’ambito del processo al Calcioscommesse. Da stamattina, il difensore 32enne originario di Anagni, sfidando il caldo torrido d’agosto, ha iniziato il suo sciopero della fame per chiedere un confronto con i ‘pentiti’ Filippo Carobbio e Carlo Gervasoni, che lo accusano della tentata combine di Siena-Varese (5-0, il risultato) del 21 maggio 2011. ”Non e’ giusto. Mi sento ferito per la condanna – spiega -. Vorrei un confronto con Carobbio e Gervasoni. Non sto mettendo in discussione il lavoro dei magistrati e di Palazzi ma mi vorrei difendere in maniera giusta”. Carobbio e Gervasoni: i ‘pentiti’ su cui si basa l’impianto accusatorio del procedimento nato dal filone d’inchiesta della Procura di Cremona. Lo stesso a cui appartiene il caso del tecnico della Juventus, Antonio Conte e del suo vice, Angelo Alessio, fermati rispettivamente per 10 e 8 mesi. Secondo i giudici, Pesoli, quando vestiva la maglia del Varese, avrebbe dato a Gervasoni la propria disponibilita’ ad alterare Siena-Varese, previo ”adeguato compenso”, ma il pareggio combinato sarebbe saltato soltanto per il rifiuto di Carrobbio (all’epoca calciatore senese). ”La mia e’ una protesta forte – ammette il calciatore -, ma mi stanno rovinando la vita per una cosa che non ho fatto (dopo la sentenza il Verona non intende piu’ acquistarlo, ndr). Prima di smettere di giocare vorrei lottare con tutte le mie forze. Attendo qualcuno, il presidente della Figc, Giancarlo Abete, restero’ qui fino a quando non ce la faccio piu”’. Antonello Valentini, direttore generale della Federcalcio, gli ha fatto visita in mattinata e ha provato a farlo desistere. ”Capiamo il suo dispiacere e la sua rabbia, ma il problema del confronto che lei chiede con i suoi accusatori non e’ un problema degli organi politici della Federazione, ma una competenza dei giudici sportivi”, gli ha spiegato il dirigente federale. ”Prendo l’impegno per un suo incontro con il presidente – ha comunque garantito il dirigente -, ma un confronto con chi l’accusa, pero’, non e’ una competenza ne’ del presidente Abete, ne’ mia, ne’ della Federazione”. Un faccia a faccia che lo stesso legale del calciatore, Paolo Rodella, aveva chiesto sia al Procuratore federale, Stefano Palazzi, sia ai giudici della Disciplinare che pero’ l’hanno ritenuto non necessario. ”Ritiene di essere vittima di menzogne e bugie che sono state dette a suo carico e vive come un’ossessione e frustrazione non potersi confrontare con loro”, spiega l’avvocato. ”Pesoli – precisa Rodella – conserva intatto il massimo rispetto nei confronti degli organi di giustizia sportiva e nei due gradi di giudizio che devono ancora svolgersi riuscira’ a ribaltare l’esito di questo giudizio”. Nel primo pomeriggio, la moglie del calciatore Teresa ha lasciato i figli Damiano e Alessio ai nonni e lo ha raggiunto assieme a un gruppetto di amici. ”Confido nella giustizia”, si limita a dire. Dal 20 agosto dinanzi alla Corte di Giustizia federale, si discutera’ il futuro di suo marito ma anche degli altri 23 condannati (19 tesserati e 5 club). Compreso Conte. ”Questa vittoria e’ di Conte e per Conte”, ha dichiarato l’ad bianconero, Giuseppe Marotta, dopo la vittoria della Supercoppa con il Napoli. La partita piu’ importante, pero’, si giochera’ tra due settimane nell’aula dell’ex Ostello della Gioventu’ del Foro Italico.