“La mia testa voleva a tutti i costi l’oro, il corpo non ce la faceva”. Clemente Russo ammette con onestà che contro il campione del mondo, e adesso anche olimpico, Oleksandr Usyk è stata la stanchezza a tradirlo.”Non portavo i colpi con incisività – dice con la medaglia d’argento di Londra 2012 al collo -: mi sentivo addosso proprio la ‘mosceria’.
Più di così non ne avevo, il fisico non mi rispondeva più”. ‘Tatanka’ vuole comunque mettere in chiaro che continua: “ho 30 anni – dice – ma dopo due argenti ci vuole un oro, quindi punto a Rio. Ce la faccio, vado lì e vinco”. A chi dedica questa medaglia? “A mia figlia Rosi che non vedo da un mese e mi manca moltissimo – risponde -. Le avevo promesso l’oro ma dovrà accontentarsi dell’argento. Ma soprattutto la dedico a me stesso: la gente pensa che io mi diverta, invece solo Damiani ed io sappiamo quanto mi faccio il ‘mazzo’. Il mio avversario sono quattro anni che si prepara a questa Olimpiade, io tra World Series e altro ho lavorato moltissimo, ma lì il ritmo è diverso, tutto è più lento, è un altro tipo di pugilato e poi è difficile riabituarsi. Tutto sommato, sono contento e vedrete che vi stupirò ancora”.