NAPOLI – Lascia il carcere di Secondigliano, dopo 12 giorni di detenzione, Carmelo Pintabona, l’uomo d’affari italo-argentino e esponente dell’Mpa accusato di aver partecipato a un’estorsione ai danni dell’ex premier Silvio Berlusconi. Il gip di Napoli Dario Gallo, accogliendo parzialmente le richieste degli avvocati Mario Papa e Alfredo Serra, ha revocato oggi l’ordinanza di custodia in carcere e ha disposto l’obbligo di dimora a Brolo, comune in provincia di Messina.
Anche i pubblici ministeri Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock avevano dato parere favorevole alla scarcerazione, proponendo però in sostituzione del carcere gli arresti domiciliari. I magistrati hanno tenuto conto del contributo offerto nei due interrogatori investigativi da Pintabona il quale ha fornito, a giudizio degli inquirenti, elementi a sostegno delle indagini secondo le quali attraverso l’intermediazione dell’uomo d’affari, l’ex direttore dell’Avanti Valter Lavitola avrebbe estorto (o tentato di estorcere) durante la latitanza denaro a Berlusconi minacciando rivelazioni su vicende giudiziarie come il caso Tarantini-escort. Ai pm infatti Pintabona ha rivelato di aver incontrato l’ex premier nella villa di Arcore in due occasioni, il 5 e il 31 gennaio scorso. Al leader del Pdl aveva rappresentato la situazione assai difficile in cui si trovava Lavitola rifugiato in Sud America in seguito alla emissione di una ordinanza di custodia nell’ambito della vicenda Tarantini. E per conto di Lavitola – stando a quanto dettato a verbale – aveva avanzato una richiesta di cinque milioni di euro a titolo di prestito. Una richiesta alla quale l’ex presidente del Consiglio avrebbe risposto negativamente. Per gli inquirenti della procura di Napoli il racconto di Pintabona rappresenta un elemento che supporta l’intero impianto accusatorio: a loro giudizio, se si fosse trattato solo di venire incontro alle esigenze di un amico in difficoltà non sarebbe stata avanzata una richiesta di tale entità. Pintabona ha precisato di non aver mai consegnato a Berlusconi lettere scritte da Lavitola spiegando che, quando gli riferì la risposta negativa di Berlusconi, il direttore dell’Avanti si arrabbiò moltissimo. Nel parere favorevole agli arresti domiciliari, i pm sottolineano come Pintabona abbia avuto un atteggiamento “non ostile” alla ricostruzione della vicenda, introducendo nell’inchiesta anche una circostanza nuova, come i due incontri a Arcore. A proposito delle esigenze cautelari, i pm mettono comunque l’accento sul fatto che le dichiarazioni di un coindagato (come appunto Pintabona) necessitano della ricerca di riscontri esterni evitando allo stesso tempo il rischio di iniziative e strategie difensive come quelle addebitate ad alcuni avvocati (Alessandro Sammarco e Eleonora Moiraghi) che, secondo l’accusa, intendevano avvicinare Lavitola in Sud America per evitare che facesse ai magistrati dichiarazioni dannose per Berlusconi.