Questa volta Carmine Abate, già fra i cinque autori finalisti del Campiello nel 2004 con ‘La festa del ritorno’, è riuscito a superare tutti e anche con un notevole distacco sugli altri autori diventati “suoi amici” in questi mesi di appuntamenti in giro per l’Italia del premio promosso da Confindustria Veneto.
Con la sua saga di una famiglia “davvero specialé raccontata ne ‘La collina del vento’ (Mondadori), lo scrittore arbresh, la comunità albanese che vive in Calabria, è il supervincitore della cinquantesima edizione del Premio Campiello con 98 voti, 40 più di Francesca Melandri che con ‘Piu’ alto del maré (Rizzoli) ne ha avuti 58. Durante lo spoglio la scrittrice, che indossava un abito confezionato dalla figlia quindicenne, è stata per lungo tempo a pari merito con Abate nella serata finale del premio al Teatro La Fenice, condotta da Bruno Vespa e trasmessa su Rai1 “Dedico il premio a mia moglie e ai miei figli” ha detto Abate stringendo fra le mani la Vera da Pozzo, simbolo del Campiello, e con emozione ha aggiunto: “in questo cinquantenario del premio è una responsabilità ancora più grande scrivere storie non solo intriganti ma impegnate come questa. Mi sembra tutto un sogno. Un po’ me lo aspettavo, ma non questo grande distacco. Tutto è andato oltre ogni rosea aspettativa” ha sottolineato Abate, che è emigrato in Germania con la famiglia e ora vive a Trento e dice di sentirsi un “autore multiculturale”. La storia della famiglia Arcuri raccontata ne ‘La collina del vento”, spiega, è piaciuta “perché dà speranza”. Grande festa anche per la Mondadori che dopo Alessandro Piperno, vincitore del Premio Strega, si è aggiudicata così in una sola annata anche l’altro più ambito premio letterario italiano. Terzo il sardo Marcello Fois con ‘Nel tempo di mezzo’ (Einaudi), 49 voti, che nel corso della serata che ha visto la partecipazione di Arisa, Gigliola Cinquetti e Anna Valle, ha voluto ricordare i minatori del Sulcis. “Sono figlio unico ma ho molti fratelli che sono sottoterra e non sono morti” ha detto Fois. Al quarto e ultimo posto i due giovani autori di questa edizione – che ha visto Arisa cantare fra l’altro La notte-: Marco Missiroli con ‘Il senso dell’elefanté (Guanda) , 36 voti e il veneziano Giovanni Montanaro con ‘Tutti i colori del mondo’ (Feltrinelli), 32 voti. Premio alla carriera a Dacia Maraini, che ha parlato del valore della letteratura come testimonianza. “La letteratura non può cambiare il mondo, può aiutare a capire meglio dove stiamo andando. E’ importante – ha detto la scrittrice – lavorare con la memoria. Non mi sembra la letteratura sia in crisi come la situazione economica. E’ in buone condizioni” La giuria dei Trecento Letterati dei quali hanno votato 273, era composta da 22 casalinghe, 50 imprenditori, 92 lavoratori dipendenti, 76 liberi professionisti e rappresentanti istituzionali, 36 pensionati e 24 studenti e fra i giurati noti c’erano Samuele Bersani, Paolo Guzzanti e Gaetano Pesce