NAPOLI – «Sono passati 4 anni dalla sera del 18 settembre 2008, quando con 125 colpi di kalashnikov e mitragliatrici il gruppo armato di Setola ammazzò 6 persone innocenti della comunità migrante di Castel Volturno.

Le istituzioni hanno il dovere di fare memoria e rendere giustizia a loro e a Joseph Ayimbora, morto qualche mese fa dopo essere stato il testimone chiave per l’arresto e la condanna in primo grado dei feroci camorristi che eseguirono la strage razziale» lo afferma il consigliere regionale Antonio Amato «Ho già chiesto al Presidente Romano un minuto di silenzio durante il consiglio di domani per ricordare la strage, ma è necessario che le Istituzioni diano segnali concreti: quanto avvenuto nel 2008 rappresenta uno dei segni più dolorosi e tangibili della ferocia e dello squallore della camorra. Per questo» continua Amato «chiederò al consiglio anche di sostenere la campagna lanciata quest’estate da Libera Caserta e dal Comitato Don Peppe Diana nel corso del Festival dell’Impegno Civile per conferire la medaglia d’oro al valor civile a Joseph Ayimbora. Joseph ci ha mostrato, pagando un prezzo altissimo che ne ha compromesso in maniera purtroppo irrimediabile la salute,  il dovere e il coraggio di testimoniare. A lui dobbiamo la condanna del gruppo di Setola, ma anche e soprattutto un altissimo insegnamento civile e morale. E per lui e le vittime della strage, per la difesa della Democrazia, non possiamo abbassare la guardia, soprattutto perché a fronte della condanna in primo grado la richiesta di impugnazione degli avvocati difensori rappresenta ancora un rischio enorme di impunità. La strage di Castel Voltruno come già l’uccisione di Jerry Essan Masslo» conclude Amato «ci dicono di un persistente rischio di odio razziale di cui la camorra si fa portavoce e terribile esecutore. Un odio che dobbiamo combattere con tutte le nostre forze. Anche perché, come Joseph Ayimbora e Jerry Masslo insegnano, proprio dalla comunità migrante viene uno dei più forti segnali di contrasto alla camorra. E forse proprio da loro dovremmo imparare per ribellarci e soprattutto per denunciare»

 

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