CASERTA – Pasquale Di Biasio avrebbe voluto tirare a campare (ancora), Domenico Zinzi ha deciso (giustamente) che bisogna tirare le cuoia. Il niet del presidente della Provincia di Caserta al bilancio di previsione del Consorzio idrico Terra di Lavoro ha persuaso anche i sindaci.

Il numero uno di corso Trieste ha stoppato in anticipo il tentativo (l’ennesimo) di Pasquale Di Biasio, presidente del Citl, di tenere in vita, senza un efficace piano di risanamento, il Consorzio. Un accanimento “terapeutico” che avrebbe, di fatto, aggravato una situazione debitoria insostenibile. Approvato così com’era, il piano di salvataggio(?) presentato dal Cda del Citl avrebbe reso irreversibile il disastro economico causato dalla gestione degli ultimi anni. Il risultato? Altri sprechi. E il consolidamento della catena dello sperpero di soldi pubblici.

Ma Zinzi ha detto basta. E ha bocciato il bilancio di previsione all’ordine del giorno dell’assemblea di martedì mattina. Le motivazioni del secco “no” sono contenute in un documento che il presidente della Provincia ha inviato ai vertici del Citl e delle istituzioni regionali e provinciali, e al prefetto di Caserta.

L’opposizione di Zinzi (che caldeggia –come dargli torto – la soppressione del Citl ) ruota attorno a due punti essenziali: da un lato, l’inefficacia del piano di rientro nel suo complesso; dall’altro, l’appostamento di 600mila euro per le indennità di carica per i componenti del Cda. Sul primo aspetto il presidente della giunta provinciale fa notare come siano stati gli stessi revisori dei conti a dare un parere solo formalmente positivo, ma negativo nella sostanza. Per quanto riguarda la “modica” cifra di 600mila euro per i “rimborsi” ai membri del consiglio di amministrazione, Zinzi non ha usato perifrasi, definendo illegittima la corresponsione di soldi da parte dei componenti del Cda, come recita l’art.5 comma 7 della legge 122 del 2010, cui si aggiungono le disposizioni dettate dall’art. 6 comma 19 della stessa legge.

Fra l’altro, appare inconcepibile, o concepito solo da una mente malata o diabolica, lo stanziamento di 600mila euro per i costi del Cda a fronte di un Consorzio che presenta un indebitamento di oltre 5 milioni di euro. E che perde, centesimo più centesimo meno, 700mila euro al mese. Le barricate erette dal presidente della Provincia hanno indotto i sindaci a rimandare l’approvazione del bilancio di previsione, con la richiesta di un approfondimento sia dei “numeri”, sia degli aspetti normativi evidenziati da Zinzi.

Uno slittamento che ha lasciato l’amaro in bocca a Di Biasio, che sperava nel miracolo di San Gennaro per proseguire a guidare un ente che, è proprio il caso di dire, fa acqua da tutte le parti. Per di più l’accanimento “terapeutico” finalizzato a salvare il Consorzio idrico avrebbe sortito un effetto letale per lo stato di salute dei enti locali con l’aumento delle tariffe a carico dei cittadini, come ha fatto notare il sindaco di Cesa, Cesario Liguori, che ha consegnato ai vertici del Consorzio un articolato documento.

“In relazione al Piano di Rientro CITL, proposto per l’assemblea consortile del 18-09-2012, – ha scritto Liguori – si rileva che ad una condivisibile analisi delle problematiche elencate non corrisponde una convincente proposta operativa capace di andare oltre le affermazioni di principio. Se è vero che la manutenzione di una rete idrica fatiscente con la conseguente dispersione idrica ha costi alti, non si può sostenere un piano di rientro in cui un totale di 5.006.738,17 euro di perdita di esercizio prevista per il 2011, venga ripianato per 4.322,000 euro da un aumento del prezzo medio delle utenze private e da un incremento, non si capisce su quali basi calcolato, delle stesse utenze da 70.350 a 80.903, senza ritenere di agire con maggiore incisività sulle altre voci si spesa quali quelle relative al CdA, al personale ed al contenzioso”.

Il primo cittadino di Cesa ha messo in evidenza che “il problema della vetustà e della inefficienza della rete idrica provinciale deve essere alla base di una trattativa serrata con la Regione, che su tali infrastrutture avrebbe dovuto operare con i fondi europei, mediante la quale ottenere uno sconto almeno pari alla dispersione accertata nei confronti di Acqua Campania”.

E ancora: “La lotta all’evasione – ha osservato Liguori – va fatta con una metodologia che dia certezze, e preceduta da meccanismi incentivanti la regolarizzazione. Gli stessi rilievi mossi dal Presidente della Provincia impongono approfondimenti e riflessioni alle quali dare risposte, vista la gravità della situazione, in tempi brevi. Se si dovesse in data odierna procedere allo svolgimento dell’assemblea, non voterei un piano di rientro che non dia certezze di una inversione della storica tendenza di questo consorzio a non realizzare il pareggio di bilancio e che soprattutto comporti incrementi di tariffe per le utenze dei singoli cittadini, né voterei un bilancio di previsione 2012 che non tenga conto di tali principi”.

Nulla di fatto, dunque (per fortuna, aggiungiamo noi). E tutto rimandato alla prossima assemblea. Ma per come è messo il Consorzio idrico, Di Biasio non ha più santi a cui rivolgersi, perché l’unico miracolo che potrebbe avverarsi è che lui e gli altri membri del Cda rinuncino ai 600mila euro annui.

Un miracolo in cui nessuno crede.

Mario De Michele

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