La Guardia di Finanza di Milano sta eseguendo dieci ordinanze di custodia cautelare a carico di altrettante persone che avrebbero costituito un gruppo criminale, capeggiato da un noto avvocato milanese. Al centro delle indagini della Procura di Milano le accuse di associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta, al riciclaggio, al trasferimento fraudolento di valori ed alla sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
I finanzieri hanno effettuato anche sequestri preventivi su 88 immobili, autovetture e società per un valore di circa 22 milioni di euro. L’operazione ‘Payback’, condotta dalle Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Milano, ha accertato i reati posti in essere da una strutturata associazione a delinquere che, attraverso l’uso strumentale di più trust, avrebbe provveduto a tutelare i beni di persone in difficoltà economica e pregiudicati, proteggendone il patrimonio. Proprio sul distorto utilizzo di questi trust si è incentrata l’indagine della Procura di Milano. Nello specifico il presunto gruppo criminale avrebbe sfruttato lo specifico istituto del ‘trust liquidatorio’ per sottrarre alle procedure concorsuali l’attivo patrimoniale di società fallite in danno dei creditori, per occultare il patrimonio di imprenditori in difficoltà economica, impedendo ai fornitori e al fisco il recupero delle somme dovute. Con lo stesso sistema avrebbe schermato beni di pregiudicati soggetti a misure di prevenzione, evitando così che venissero sequestrati. In particolare, le società ‘decotte’ o in procinto di fallire, sarebbero state private di tutti i loro beni che, formalmente, venivano conferiti in un trust gestito da prestanome. Con questo ‘sistema’ i beni conferiti in trust non erano più aggredibili dai fornitori, dal fisco o nell’ambito delle procedure concorsuali. Tra i beni sequestrati ci sono appartamenti di pregio situati in centro a Milano e un intero complesso immobiliare di ville ed appartamenti in provincia di Pavia. Sono state eseguite anche numerose perquisizioni presso società, studi professionali ed abitazioni private. Risultano indagate 14 persone. Dieci le ordinanze di custodia cautelare (di cui 8 in carcere e 2 ai domiciliari). Sequestrati 88 immobili (nelle provincie di Milano, Benevento, Latina, Chieti, Caserta, Novara, Sassari, Varese, Lodi e Pavia), quote sociali di due società e due autovetture (tra cui una Aston Martin). L’associazione per delinquere, smantellata stamani con 10 arresti eseguiti dalla Gdf di Milano capeggiata dall’avvocato Mariano Baldini, finito in carcere, avrebbe ‘schermato’ attraverso dei trust costituiti all’estero numerosi beni, tra cui quote societarie e immobili, riconducibili a personaggi legati alla Camorra, vicini anche al clan dei Casalesi. Da quanto si è saputo, infatti, le indagini coordinate dal pm di Milano Stefano Civardi (le ordinanza di custodia sono firmate dal gip Antonella Bertoja) avrebbero accertato il legame tra alcuni beni sequestrati e Salvatore Izzo, pregiudicato napoletano morto lo scorso febbraio e che era già sotto processo a Milano per aver accumulato un patrimonio composto da ville, terreni e società in Brianza, nella zona del Monzese, del valore di alcuni milioni di euro, molti dei quali frutto di un giro d’usura, intestando tutto o quasi a prestanome. In carcere sono finiti quattro imprenditori originari della provincia di Caserta: Luigi Sagliano, 58 anni, Luigi Pezzella, 68 anni, Rosa Struffolino, 29 anni, Simmaco Zarrillo, 43 anni. Arrestati anche Stefano Brusati, 30 anni di Milano e Paolo Lisi, 35 anni di Lodi. Tutti e sei sono considerati dagli inquirenti ‘teste di legno’ in mano al presunto capo dell’associazione, Baldini. In carcere anche Andrea Giorgio Bensi, 69 anni di Lodi. Agli arresti domiciliari, invece, sono finite Gabriella Amati e Valentina Pagella, 43 anni di Alessandria. L’avvocato Mariano Baldini, secondo l’accusa, attraverso il suo studio di consulenza legale ‘Baldini & Partners’ (il legale ha studi anche a Roma e Londra), situato in centro a Milano, avrebbe pagato persone in difficoltà economiche, affiché risultassero amministratori di società ‘decotte’ per frodare i creditori, trasferendo poi il patrimonio delle società utilizzando un sistema di trust. Numerosi gli episodi di bancarotta contestati e, in particolare, sarebbero stati ‘schermati’ i beni di due pregiudicati, tra cui Salvatore Izzo. Al momento non è stata contestata l’aggravante di aver favorito cosche mafiose, ma le indagini sono ancora in corso.