VILLA LITERNO – Due su due: en plein. La Cassazione annulla anche la seconda ordinanza di custodia cautelare, emessa lo scorso 30 novembre dal Gip di Napoli, a carico del consigliere regionale Enrico Fabozzi,

accusato di turbativa d’asta, assieme agli imprenditori Pasquale e Giuseppe Mastrominico, e Giovanni Malinconico. I giudici della Suprema Corte hanno accolto in toto il ricorso presentato dagli avvocati Umberto Del Basso De Caro e Mario Griffo, i quali hanno smontato punto su punto l’impianto accusatorio costruito dai pm della Dda napoletana.

La richiesta di annullamento, accolta dal collegio giudicante, è stata avanzata dal Procuratore generale della Cassazione. La sentenza ha annullato l’ordinanza del Gip di Napoli per due motivi principali: l’assenza di indizi di colpevolezza, a causa della totale inattendibilità dei pentiti; e palesi vizi motivazionali. Una sentenza accolta con grande soddisfazione dai legali del consigliere regionale, in quanto la Cassazione ha nuovamente sancito che le dichiarazioni dei pentiti non hanno alcun riscontro oggettivo, per cui i collaboratori di giustizia sono inattendibili.

Lo scorso 15 novembre Fabozzi fu raggiunto da un’altra ordinanza di custodia cautelare per concorso esterno in associazione camorristica, corruzione, riciclaggio (reato annullato dal Riesame). Ma anche in quel caso fu scagionato lo scorso 26 aprile dai giudici della Cassazione, che sentenziarono l’assoluta mancanza dei gravi indizi di colpevolezza e definirono inattendibili i pentiti. La Suprema Corte ha annullato anche le due ordinanze (la prima per reati di camorra, la seconda per turbativa d’asta) a carico dei fratelli Mastrominico, e la prima ordinanza a carico di Malinconico, anche in questo caso per reati di camorra.

Nei prossimi giorni la Cassazione si pronuncerà anche sulla seconda ordinanza a carico di Malinconico, in riferimento all’accusa di turbativa d’asta. Ma, alla luce delle precedenti sentenze, l’esito a favore dell’imprenditore appare scontato. E’ dunque crollato come un castello di carta l’intero impianto accusatorio dei pm della Dda di Napoli.

L’ordinanza per turbativa d’asta è relativa all’appalto dei lavori per la riqualificazione urbana di Villa Literno per un importo di circa 14 milioni di euro. I fatti risalgono a quando Enrico Fabozzi era sindaco di Villa Literno e, come già detto, l’ordinanza è stata emessa dopo quelle contenente le accuse di concorso esterno in associazione camorristica, corruzione e riciclaggio (quest’ultima accusa decaduta in quanto bocciata dal Riesame).

L’appalto al centro dell’inchiesta fu vagliato e giudicato perfettamente regolare sia dal Tar, che dal Consiglio di Stato, in seguito al ricorso sullo scioglimento del Comune di Villa Literno per infiltrazioni camorristiche. Peraltro, gli stessi pm, nella prima ordinanza a carico di Fabozzi (in cui si ipotizza il reato di concorso esterno in associazione camorristica) scrivono, testuali parole, che “…la gara è stata alterata o comunque “preparata” in modo da risultare formalmente inattaccabile; non è dato sapere, almeno allo stato, con quale marchingegno, si sia proceduto…”. Per la serie: “Per noi sei colpevole, ora spetta a te dimostrare che sei innocente”. Con l’inevitabile ribaltamento del principio della presunzione di innocenza che si tramuta in presunzione di colpevolezza.

Fatto sta che nonostante la Cassazione abbia già due volte scagionato Fabozzi dalle accuse, ribadendo l’inattendibilità dei pentiti, il consigliere regionale è ancora in carcere dallo scorso 15 novembre. E chissà se anche stavolta i giudici partenopei continueranno ad ostinarsi a tenere rinchiuso il consigliere regionale, che dagli sviluppi giudiziari sembra avere l’unica colpa di essere un “politico illustre”, come hanno scritto i pm nella prima ordinanza.

Ma forse c’è una spiegazione molto più semplice alla base di una così lunga reclusione: l’inchiesta che vede coinvolto Fabozzi è stata denominata “Operazione favola”, forse per questo gli inquirenti non riescono più a credere alla realtà.

Mario De Michele

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