Si è difesa sino alla fine, presentandosi davanti ai giudici del Tribunale di Locri per dire loro che quelle accuse contro di lei “non sono vere”. Ma i giudici sono stati di diverso avviso. Ed è così che la deputata del Pd Maria Grazia Laganà, vedova di Franco Fortugno, il vice presidente del Consiglio regionale della Calabria ucciso il 16 ottobre 2005, è stata condanna a due anni di reclusione, pena sospesa, per truffa, abuso e falso.
Una sentenza letta nell’aula di quel tribunale che si trova proprio a due passi da casa della deputata e davanti al quale si erge una stele in granito con una targa in bronzo in ricordo di Fortugno. La condanna si riferisce ad una presunta truffa ai danni dell’Azienda sanitaria di Locri per una fornitura di materiale che Maria Grazia Laganà avrebbe messo in atto nell’estate del 2005, quando ricopriva l’incarico di vice direttore sanitario dell’Azienda stessa. La parlamentare non ha assistito alla lettura del dispositivo, avvenuta intorno alle 13, ma dopo alcune ore ha diffuso una nota comunicando di reputare “doveroso autosospendermi da ogni incarico di partito, dal gruppo parlamentare e anche da iscritta, per rispetto al Pd, per evitare speculazioni e per avere possibilità di difendere la mia rettitudine e la mia trasparenza professionale ed umana ancor prima che politica”. Un gesto apprezzato dal commissario regionale del Pd Alfredo D’Attorre, ma contestato dal leader de La Destra Francesco Storace che su twitter chiede le dimissioni. Maria Grazia Laganà, intanto, “prende atto” della sentenza che dice di “rispettare” ma di “non poter assolutamente accettare, ribadendo ancora una volta la mia completa estraneità ai fatti contestati”. Una sentenza di cui la parlamentare conta di leggere presto le motivazioni per ricorrere in appello dove, afferma, “sono certa che verrà pienamente riconosciuta la mia innocenza, dando anche una risposta alle tante persone che continuano a sostenermi”. Insieme alla deputata, il Tribunale ha condannato a un anno e quattro mesi, per falso e abuso, Pasquale Rappoccio, ex titolare della Medinex, la ditta fornitrice di materiale sanitario che avrebbe beneficiato degli appalti illeciti e l’ex dirigente dell’Asl di Locri, Maurizio Marchese. Assolti, invece, altri due ex dirigenti dell’Asl di Locri, Albina Micheletti, una delle accusatrici di Maria Grazia Laganà e Nunzio Papa. Il pm Giuseppe Adornato, nella sua requisitoria, aveva chiesto la condanna di Maria Grazia Laganà a tre anni, quella di Marchese e Rappoccio a due anni e l’assoluzione di Papa e Micheletti. Ad avviare l’inchiesta sfociata nel processo che si è concluso oggi, era stata la Guardia di Finanza sulla base delle risultanze della relazione del prefetto Basilone, nominato commissario all’Asl di Locri in seguito allo scioglimento dell’Azienda disposto all’indomani dell’omicidio di Fortugno.