Lo scontro in atto nel Popolo della libertà pesa sul tavolo della trattativa sulla legge elettorale. “Col Pdl stiamo discutendo e ci attendiamo che nelle prossime ore si giunga ad un incontro per poter definire i termini dell’accordo”, dice in mattinata la senatrice Anna Finocchiaro. Ma in serata il partito di Berlusconi, impegnato in un lungo e duro ufficio di presidenza sulle regole delle primarie, chiama per dire che è tutto saltato. Provocando sorpresa e irritazione dei Democrats.
E’, dunque, rinviato a data da destinarsi il vertice tra Denis Verdini e Maurizio Migliavacca, allargato ai capigruppo, che doveva servire a cercare una sintesi sul nodo del premio di maggioranza. Sintesi, per altro, non esattamente alla portata di mano visto che, se c’é un accordo di massima sull’abbassamento della soglia per il premio di maggioranza dal 42,5% al 40%, lo stesso non si può dire per il ‘bonus’ che andrebbe al primo partito in caso nessuno superi il 40% dei voti. Il Pd, infatti, al momento é intenzionato a non accettare meno del 10% e dall’altro lato il Pdl non vorrebbe salire oltre il 6%. “Lo schema – ha detto chiaramente il vice capogruppo del Pdl al Senato, Gaetano Quagliariello – è quello di un premio che serve per governare e che porta, dunque, oltre il 50%; se non c’é questa condizione c’é un premio di aggregazione. Sulle soglie bisogna ragionare ma nessuno può pretendere di imporre la propria posizione”. Dall’altra parte il Pd ha ribadito, con Anna Finocchiaro, che il ‘bonus’ deve essere almeno del 10%. Al di là della trattativa tecnica, comunque, pesano le fibrillazioni interne al Pdl. “Manca un interlocutore preciso”, accusa uno degli ‘sherpa’ del Pd che si sta occupando della riforma. Messe così le cose la strada per un accordo in extremis sembra in salita. C’é tempo da qui alla riunione della commissione Affari Costituzionali di martedì per provare a trovare una sintesi e, in caso contrario, ognuno, sembra di capire, andrebbe per la propria strada con il Pdl che potrerebbe avanti la riforma con i voti leghisti. L’Udc ribadisce la propria apertura sull’ipotesi D’Alimonte. “Faremo di tutto per trovare un punto d’intesa sulla legge elettorale”, assicura Pier Ferdinando Casini. Ma c’é anche chi, come il senatur Umberto Bossi, dice “torniamo alla legge di prima che era meglio….”. Del resto, sottolinea il sindaco di Firenze Matteo Renzi, “mentre gli Stati Uniti chiudevano le elezioni in poche ore, in quelle stesse ore hanno elaborato un modello elettorale che è riuscito nell’impresa di far sembrare il Porcellum una cosa seria…”.