“Sul mio conto ormai leggo solo indecenti falsità. Ci sono prove, allegate all’inchiesta, che raccontano completamente un’altra storia e dimostrano come il sottoscritto non sia capitan codardo”. Lo afferma in una intervista al Giornale Francesco Schettino, al comando della Costa Concordia naufragata al Giglio il 13 gennaio provocando la morte di 32 persone. “Vogliono farmi passare per vigliacco ma non è così. Non ho abbandonato la nave”.
“Sto scrivendo un libro – annuncia – e senza fare sconti a nessuno tirerò fuori ciò che non vogliono venga alla luce”, le “prove snobbate, le carte nascoste, le registrazioni integrali divulgate volutamente in modo parziale” come la famosa ‘torni a bordo c…!’. Nessuno, dice Schettino, “ha fatto caso che quel celebre file venne fatto uscire proprio in coincidenza della decisione del Gip sul mio arresto”. Peraltro per Schettino c’é “un’altra vittima di quella tragedia”, proprio il capitano Gregorio De Falco, “l’eroe, quello della telefonata”. Vittima perché “é finito in un gioco terribile più grande di lui e ha provato a ‘giocare’ in modo non corretto”. Nella telefonata, arrivata peraltro “a cose fatte e finite”. In più “si è inventato il mio tentato furto alla scatola nera”. Quanto all’abbandono della nave, Schettino spiega di non averla abbandonata ma di averla lasciata: “Potevo scegliere se morire da stupido schiacciato dalla nace a venti metri dalla riva oppure aggrapparmi alla lancia per prendere il posto del manovratore in preda al panico e tentare di mettere al sicuro decine di persone. Ho scelto la seconda, ho anche dato un cazzotto al guidatore della lancia paralizzato dalla paura e ho condotto in salvo tante persone, ci sono decine di testimonianze che lo confermano”.