AVELLINO – ”Lo Stato deve garantire che le regole siano uguali per tutte le imprese del settore call center e che siano rispettate”. E’ la prima condizione indicata dall’amministratore delegato di Teleperformance, Lucio Appollonj Ghetti,
perche’ la multinazionale francese, leader mondiale dei servizi di call center con 130.000 dipendenti in 51 paesi, possa continuare a lavorare in Italia. L’azienda ha gia’ annunciato 330 licenziamenti a seguito della chiusura della sede di Roma e ulteriori 785 esuberi oggetto della procedura di mobilita’ riguardanti le sedi di Fiumicino (121) e Taranto (624). Per ritirare questi provvedimenti, Teleperformance chiede inoltre ”costo del lavoro uguale per tutti e non drogato da incentivi o aiuti di Stato che si traducono esclusivamente in un beneficio per la committenza”, la ”restituzione del reddito non percepito dai dipendenti Teleperformance pari a 7 milioni di euro” e ”l’individuazione di strumenti che consentano alla societa’ di recuperare le perdite subite pari a 27 milioni di euro”. Teleperformance aveva proposto ai sindacati la riduzione dell’orario lavorativo da 6 a 4 ore giornaliere e paventato anche la possibile chiusura della sede di Taranto. ”Ci dobbiamo confrontare con un mercato caratterizzato da fenomeni di malavita organizzata – ha sottolineato Apollonj Ghetti riferendosi agli arresti dei vertici della societa’ Blu Call e all’intervento della Guardia di Finanza in un call center di Avellino che impiegava 112 lavoratori in nero – dove lo Stato e il sindacato non riescono ad esercitare pienamente il loro ruolo”. Teleperformance ”auspica di raggiungere un accordo sindacale che assicuri all’azienda le condizioni necessarie per competere sul mercato e tornare a crescere, garantendo ai propri dipendenti lavoro stabile e a condizioni analoghe a quelle definite con le stabilizzazioni prima del ricorso agli ammortizzatori sociali”.