di Pasquale Iorio* Mentre si discute tanto di legalità – finanche con un simbolico “pacco alla camorra” portato nella sede del parlamento europeo – si apre la crisi del Consorzio Agrorinasce, uno dei  presidi per affermare azioni e politiche di riscatto in modo concreto nel territorio tristemente famoso come “regno di Gomorra”.

Negli ultimi anni l’attività del Consorzio – gestito da 6 comuni e dal Ministero degli Interni, con la supervisione della Prefettura – si è caratterizzata con successo nel creare nuova economia e nuovi servizi attraverso l’uso sociale e produttivi dei beni confiscati alla camorra, per lo più affidati ad imprese e cooperative sociali gestite da giovani e da associazioni non profit.

Ora si rischia la paralisi di tutte le attività per carenza di fondi, che per lo più provenivano dalle quote sociali dei comuni consorziati (Casal di Principe, Casapesenna, S. Cipriano, San Marcellino, S. Maria la Fossa e Villa Literno) e da fondi nazionali o regionali. Questi flussi si sono arenati vuoi per la crisi finanziaria che attanaglia gli enti locali, vuoi anche per un affievolito interesse da parte delle istituzioni (in primo luogo Governo e Regione Campania).

Allo stato il Consiglio di Amministrazione è bloccato (in pratica dimissionario); da molti mesi non vengono percepiti gli stipendi da parte degli operatori, i quali da tempo hanno avanzato una serie di proposte per uscire dalla situazione di stallo, per rilanciare una prospettiva di futuro di uno dei presidi reali e fondamentali per il riscatto sociale, civile e democratico di queste terre.

E’ incredibile come questa situazione di crisi si stia consumando con il silenzio e l’indifferenza di tutti quelli che dovrebbero vigilare e battersi a difesa di una delle poche buone pratiche, di una delle esperienze più innovative a livello nazionale – che molti indicano come modello da esportare anche in altre realtà.

In primo luogo dovrebbero svegliarsi gli organi di governo locali, provinciali e regionali per impedire che questa realtà venga lasciata in uno assurdo isolamento. In secondo luogo si richiede uno scatto di mobilitazione anche da parte delle associazioni più impegnate sul fronte della legalità democratica, a partire da Libera e dall’associazione Mò Basta, composta dalle più importanti organizzazioni datoriali e del movimento sindacale.

Occorre agire con urgenza, prima che la situazione precipiti fino a compromettere e bloccare tutti gli interventi in cui Agrorinasce è stazione appaltante – in primo luogo per mettere in attività tanti beni confiscati in attesa di essere ristrutturati e riutilizzati. In secondo luogo incombe il rischio che vengano revocati tanti finanziamenti, con danni enormi per il pubblico erario. Senza parlare delle tante attività di pubblica utilità come quelle dell’Università o del teatro della Legalità. Altro che pacco alla camorra! Sarebbe un duro colpo per tutto il lavoro svolto finora da tante associazioni ed imprese giovanili.

Un’altra notizia altrettanto drammatica è stata comunicata ieri dal giornale on line Notix: “Rischia di chiudere a fine anno l’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata: Infatti, il ministero dell’Economia ha espresso parere negativo alla richiesta di proroga fino al 31 dicembre 2013 della disposizione contenuta nel decreto 159/2011 che consente all’Agenzia di avvalersi del personale proveniente dalle altre amministrazioni dello Stato e di stipulare contratti a tempo determinato. Personale che, di fatto, rappresenta la quasi totalità del personale della struttura”.

E’ un lusso che non possiamo permetterci: un regalo troppo grande alle forze criminali, che negli ultimi anni hanno subito notevoli colpi dalle forze dello stato e della magistratura. Ecco un campo su cui si può misurare la volontà concreta di cambiare e di innovare, in primo luogo da parte delle  forze politiche e delle istituzioni. E’ un primo segnale serio di mobilitazione che potrebbe venire dopo la grande partecipazione registrata nelle recenti primarie.

*Vicepresidente Aislo

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