E’ difficile non essere d’accordo con il prof. Giuseppe Limone, una delle figure più autorevoli del corpo accademico della  Sun. Con lui abbiamo condiviso tante battaglie di cultura e di civiltà, in comune con il compianto Bruno Schettini.

Ma stavolta non condivido e non comprendo alcuni passaggi del suo intervento dal titolo “Seconda Università. Il pasticcio del nome”, pubblicato su Repubblica Napoli di ieri. Da un lato trovo giuste le sue osservazioni sul metodo da adottare in quanto cambiare il nome di un Ateneo non è “l’etichetta di un dentifricio”. Come pure vanno considerate le sue preoccupazioni di intrusioni e strumentalizzazioni di tipo elettoralistico, da scongiurare ed isolare. Certamente una innovazione così profonda come quella della definizione dell’università richiede un percorso di democrazia e di confronto, a partire dagli organi accademici, dai docenti e dal personale che vi lavora, fino agli studenti che qui investono per il loro futuro. Nello stesso tempo non vanno trascurate le battaglie che da anni stanno portando avanti il movimento delle associazioni, del mondo del lavoro e delle imprese, del terzo settore e del volontariato, con alla testa figure autorevoli come il VE Raffaele Nogaro.

Bisogna ricordare che dalla sua nascita è stata posta in modo legittimo l’esigenza di dare un nome alla SUN per uscire dall’anonimato, per contribuire a rafforzare il legame identitario con la storia, con la cultura e con le tradizioni del contesto in cui è stato insediato il nostro ateneo con sedi diffuse sul territorio provinciale. Su questo punto per l’ennesima volta hanno richiamato l’attenzione con una nota ed un documento inviato al nuovo Rettore, al Ministro competente ed agli organi di governo (sottoscritto da tante personalità ed associazioni). E’ giunto il momento di fare chiarezza, anche per fugare dubbi e sospetti di oscure manovre di cui si fa cenno anche nel documento. Nello stesso tempo va detto che da tempo su questa scelta si sono espressi importanti enti e consessi istituzionali, a partire dal Consiglio Provinciale e Comunale di Caserta e delle altre città. Questa esigenza di essere partecipi su una scelta di tale rilevanza non può essere vista come una intrusione, o peggio come un sopruso. Anzi, va considerata come un segnale positivo di attenzione e di volontà di creare le necessarie integrazioni di competenze e di funzioni tra i vari attori sociali ed istituzionali su un tema fondamentale come quello della produzione di alta formazione e di ricerca finalizzata al trasferimento tecnologico ed innovazione territoriale.

Mi permetto di dissentire fortemente su un passaggio in cui il prof. Limone arriva a dire “siamo tutti napoletani”. Mi stupisce una tale  affermazione che attribuisce prestigio culturale e valore storico solo alla città di Napoli. Senza disconoscere il ruolo della città partenopea – per quello che è stato e che rappresenta a livello mondiale – non si può negare una altrettanta dignità a quello che hanno rappresentato nella storia e nella vita socio-culurale altre  aree territoriali campane, come quelle della Campania Felix – in cui sono insediati i Dipartimenti della SUN – e di Terra di Lavoro. In merito non va mai dimenticato il fatto che venne soppressa dal fascismo con atto dittatoriale ed immotivato.

Alla luce di queste considerazioni ritengo valido l’appello lanciato anche di recente al Ministro ed alle autorità accademiche per trovare una soluzione adeguata ad una annosa questione, fermo rimanendo che va rispettato il metodo democratico e partecipativo, in primo luogo degli organi accademici, dei docenti e degli studenti (a cui spetta la decisione finale).

Pasquale Iorio (Le Piazze del Sapere)

Giovedì 26 marzo 2015

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