Antonio Ingroia condannato all’esilio dagli elettori. L’ex pm della Procura di Palermo ha affossato Rivoluzione civile. Dalle urne è uscito un risultato disastroso. Una Caporetto. Anche in Campania, una delle sue presunte roccaforti. E il principale responsabile del disastro è lui, il manettaro che per l’intera campagna elettorale non ha saputo dire altro che: “Tutti in galera”.

Ma Ingroia non è abituato ad ammettere le proprie colpe. Per deformazione professionale è abituato a puntare l’indice contro gli altri. Lui è sempre innocente, gli altri sempre colpevoli. Stavolta ha accusato il Pd, reo di aver contribuito alla sconfitta di Rivoluzione civile.

Pazzesco. Immaginate un allenatore che dica di aver perso la partita per colpa della squadra avversaria. Sarebbe da internare. O da arrestare, per usare un verbo congeniale a Ingroia. E’ per questa incapacità di interrogarsi (lui sa interrogare solo gli altri) sui suoi colossali errori politici che… la Rivoluzione civile è stata soffocata sul nascere. Con un “processo popolare” (il voto), questo sì civile, Ingroia è finito sul banco degli imputati. Che sacrilegio. Lui, il gran inquisitore, condannato alla sconfitta. Impossibile. E allora ecco la contromossa (incivile): “Abbiamo perso per colpa di Bersani e dei mass-media”. Un Ingroia un po’ alla Berlusconi. Ci mancava solo che dicesse che ha perso per colpa dei comunisti è sarebbe stato pronto anche per il bunga bunga.

Caro Ingroia, è inutile arrampicarsi sugli specchi. Per tutta la campagna elettorale non hai detto una cosa di sinistra. Anzi, non hai detto una cosa. Il nulla. A parte il tuo insopportabile narcisismo: “Ho fatto arrestare Riina e Provenzano”.

Gli italiani ti hanno mandato a casa assieme agli ex pm tuoi compagni di viaggio (Di Pietro e De Magistris) e a quella parte di estrema sinistra (finalmente scomparsa definitivamente) che ha da tempo smarrito la strada del garantismo per sposare la scorciatoia del giustizialismo.

Caro Ingroia, fattene una ragione: gli elettori si sono liberati di te e dei tuoi amici manettari. E noi ne siamo felici. Ci dispiace solo per i poveri guatemaltechi, che stavano ancora festeggiando per la tua dipartita quando hanno saputo che saresti ritornato.

Ahi loro. E menomale per noi.

Mario De Michele

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