Non una novità: il Pd casertano si conferma fanalino di coda. Un’altra conferma, l’ennesima, è arrivata dalle elezioni politiche. Confrontando i risultati su scala provinciale alla Camera (Campania 2), i Democratici di Terra di Lavoro sono “irriducibilmente” ultimi con una percentuale che non tocca neanche il 20% (19,49).

Sul gradino più alto del podio salgono i democrat irpini con il 24,42 per cento, seguiti dai beneventani (23,15), e dai salernitani (22,40). Anche a Napoli c’è una Waterloo: nella provincia partenopea il Pd raccoglie uno striminzito 21,81%. Ma nonostante la propensione alla sconfitta dei Democratici napoletani, i casertani riescono a fare meglio, pardon peggio.

Come hanno fatto a riuscire nell’impresa? I motivi sono più di uno. Sul pessimo risultato ha sicuramente inciso lo schiaffo “romano” sulla composizione delle liste, con l’esclusione di Nicola Caputo e la conseguente, quanto inspiegabile, perdita di un posto utile (il quarto).

Un altro punto debole è da ricercare nella lacerazione del partito prima, durante e dopo le parlamentarie, dovuta al divorzio tra Dario Abbate e lo stesso Caputo. E se a ciò aggiungiamo l’ormai consolidata incapacità del Pd casertano di presentarsi agli elettori con una classe dirigente credibile e risposte concrete ai problemi del territorio, la frittata è fatta. E sul piatto del Partito democratico di Terra di Lavoro è stata servita un’altra sconfitta. L’ennesima.

Per la serie: ci piacere perdere facile.

 

Mario De Michele

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