NAPOLI – La Corte di giustizia Ue ha respinto oggi il ricorso con cui l’Italia chiedeva in sostanza lo sblocco dei fondi europei Fesr destinati al piano di smaltimento dei rifiuti in Campania. Lo stop deciso da Bruxelles, secondo la Corte, e’ legittimo perche’ direttamente collegato al finanziamento con soldi Ue delle misure al centro della procedura d’infrazione aperta, ovvero la realizzazione del sistema di gestione e smaltimento dei rifiuti in Campania e, in particolare, per la raccolta differenza.
Al centro del contenzioso oggetto della sentenza odierna della Corte ci sono finanziamenti Ue provenienti dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) per 46,6 milioni di euro. Fondi che, secondo il piano operativo presentato dalla Campania e approvato dalla Commissione nel 2000, dovevano servire a cofinanziare la realizzazione delle tante operazioni previste nel quadro del sistema regionale di gestione e smaltimento de rifiuti. Ma nel 2008 Bruxelles – avendo aperto l’anno prima una procedura d’infrazione contro l’Italia per il mancato rispetto della direttiva derivante dalle carenze riscontrate nell’attuazione del piano della Campania – ha deciso di sospendere l’erogazione dei fondi europei.
Una decisione contro cui l’Italia ha presentato ricorso alla Corte di giustizia sostenendo che i finanziamenti Fesr erano destinati a specifiche opere e azioni previste nel quadro del piano e non potevano quindi essere bloccati a causa da una procedura d’infrazione che invece non aveva come oggetto specifico le singole operazioni. Una tesi respinta oggi dalla Corte, secondo la quale non si puo’ andare tanto per il sottile e i distinguo sollevati dall’Italia non possono essere accolti. I giudici del tribunale Ue ricordano infatti che la procedura d’infrazione riguardava il piano nella sua interezza ma anche l’insufficienza della raccolta differenziata, un elemento cruciale per una efficiente implementazione dello stesso piano. La Corte di giustizia ha gia’ condannato una volta l’Italia per la gestione dei rifiuti in Campania nel 2010 e ora il governo rischia di essere nuovamente deferito dalla Commissione Ue alla stessa Corte per il mancato rispetto della prima sentenza, un deferimento che questa volta potrebbe essere accompagnato dalla richiesta di sanzioni.