Ci voleva un’impresa per ‘colorare’ la prima parte di questo 96/o Giro ciclistico d’Italia. Un’impresa che rimanesse scolpita nella mente e nel cuore degli appassionati di ciclismo. E l’impresa c’é stata: l’ha firmata Luca Paolini, nato a Milano, classe 1977, che quest’anno ha deciso di partecipare per la prima volta in carriera alla corsa rosa, indossando i panni di leader del Team Katusha, orfano di ‘Purito’ Rodriguez e inserito all’ultimo momento nell’elenco delle squadre partecipanti alla competizione annuale targata Rcs.
Paolini si è presentato da solo sul traguardo di Marina di Ascea, a fare da cornice uno scenario marino quasi da fiaba, assolutamente degno dell’approdo di Ulisse. Ha vinto la tappa e indossato la maglia rosa, l’ex gregario che per tanti Mondiali ha lavorato come un mulo. Adesso, da gregario si è trasformato in capitano con licenzia di stupire. E c’é riuscito, dopo avere faticato, sbuffato, sudato, per altri, anche in azzurro. Paolini oggi ha conquistato un’affermazione strepitosa, in un Giro grandi firme, con un tentativo a circa 7 km dall’arrivo, che ha sorpreso tutti: fino ad allora, in tanti avevano provato (peraltro riuscendoci) a infiammare la parte finale della 3/a tappa, partita da Sorrento. Il vantaggio di Paolini è lievitato con il passare dei km: 9″ ai -4 km e 16″ all’arrivo. Inutile l’inseguimento di una ventina di corridori, fra i quali gente del calibro di Hesjedal, Wiggins, Nibali, Scarponi. Paolini è letteralmente volato fra i tornanti della discesa che conduce al lungomare della Marina di Ascea e, alla fine, ha goduto meritatamente del trionfo più bello. Ma non solo: è riuscito a sfilare la maglia di dosso al siciliano Salvatore Puccio, che ieri si era incoronato nella cronometro vinta dal Team Sky. Paolini ha inflitto un bel distacco a un gruppetto di big e, con il contributo degli abbuoni, è diventato leader di un Giro che non concede tregua, regala emozioni e dispensa colpi di scena. Un Giro ancora senza un vero padrone, ma con tanti pretendenti, di alto profilo spettacolare, fatto di percorsi formidabili, spettacolari, scelti con eccezionale perizia. Nel finale odierno ha pagato dazio Scarponi, oltre all’ex maglia rosa Puccio (staccato di oltre 2′ sull’ultima salita), che è caduto e, dopo essersi rimesso in sesto, è rimasto appiedato. Il gregario della Lampre, Simone Stortoni, gli ha passato la propria bici, evitandogli un passivo di secondi più consistente. Il marchigiano ha comunque accusato un minuto circa di ritardo dagli avversari più quotati, pertanto sarà costretto già a inseguire. Nella seconda parte di una tappa lunga 222 km è sfumato il sogno di Fabio Taborre, protagonista di una lunga fuga partita un km e mezzo dopo il via assieme ad altri sette corridori (Pantano della Colombia, Boaro della Saxo-Tinkoff, Wauters della Vacansoleil, De Backer della Argos Shimano, Bellemakers della Lotto Belisol e Jackson Rodriguez della Androni): il giovane della Vini Fanini-Selle Italia guidata da Luca Scinto, a un certo punto, si è pure ritrovato in maglia rosa, ma non ha fatto i conti con la rimonta degli Sky, che si sono messi a tirare, azzerando – chilometro dopo chilometro – il distacco. Il resto lo hanno fatto gli attacchi finali, un paio dei quali portati avanti dal canadese Ryder Hasjedal, che ha voluto lanciare in messaggio alla corsa rosa e, sfruttando il lavoro dell’Astana di Nibali, ha provato pure a vincere la tappa. Paolini, alla fine, ha messo tutti d’accordo.