Non una contesa tra clan e nemmeno un regolamento di conti per uno sgarro mafioso, ma una reazione spropositata ad una avance pesante fatta alla compagna da un amico. Sarebbe questa la ragione per cui due pregiudicati salentini, Luca Greco e Massimiliano Marino, sono stati uccisi due mesi fa a colpi di pistola da un loro amico, Mino Perrino, anche lui pregiudicato, e poi gettati in un pozzo nelle campagne di Campi Salentina.

Perrino, di 38 anni, e’ stato arrestato oggi dai carabinieri con le accuse di duplice omicidio e soppressione di cadavere. COn lui sono finiti in carcere altri due amici, Franz Occhineri, di 34 anni, e Luigi Tasco di 45, anche loro con precedenti, che lo avrebbero aiutato a fare sparire i corpi. A fare chiarezza sulla vicenda e a consentire di recuperare i resti delle due vittime scomparse dal 10 marzo scorso, e’ stato un altro amico dei tre arrestati, Francesco Cippone. Dopo il duplice omicidio Perrino aveva chiamato lui e gli altri due per aiutarlo a cancellare le tracce dell’accaduto. Ma Cippone non se l’era sentita ed era andato via. Dopo due mesi non ha retto alla pressione degli investigatori e ha confessato tutto. Non e’ finito in carcere come gli altri, ma e’ indagato per favoreggiamento e concorso morale. ”Quello che sorprende di questa vicenda – ha detto il procuratore di Lecce, Cataldo Motta – e’ la sproporzione tra la reazione e il movente apparente, oltre al coinvolgimento di una persona che era proprio estranea al fatto”. Secondo la ricostruzione dell’accaduto, infatti, Mino Perrino volava dare una lezione a Marino che era suo amico e che aveva fatto pesanti avance alla sua compagna. Greco sarebbe stato ucciso perche’ era un testimone scomodo. I fatti sarebbero andati cosi’: dopo che Perrino ha saputo dello sgarbo fatto alla sua compagna, ha fatto finta di niente e nel pomeriggio del 10 marzo scorso ha invitato Greco e Marino a prendere un caffe’ insieme. Successivamente li ha convinti con una scusa ad accompagnarlo in una campagna poco fuori del paese. Qui, probabilmente la situazione gli e’ sfuggita di mano e ha ucciso i due pregiudicati. Si sarebbe poi fatto aiutare da Occhineri e Tasco a gettare i corpi nel pozzo e a dare fuoco alla vettura di Marino, una Lancia Libra, che fu trovata dagli investigatori tre giorni dopo in una strada di campagna. Nel ricostruire la vicenda, il procuratore Motta si e’ detto ”soddisfatto sino ad un certo punto del fatto che non si sia trattato di un delitto di mafia, anche se – ha aggiunto – questo rappresenta una ulteriore conferma del cambio di attivita’ dei gruppi di criminalita’ e dei gruppi mafiosi che in genere tendono a non compiere gesti eclatanti”. ”Si tratta di un omicidio sganciato dalla mafia – ha detto ancora – sebbene portato a compimento con mentalita’ e modalita’ mafiosa”.

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