Il rito e’ tornato a funzionare anche a Bologna. Gli ingredienti c’erano tutti. C’erano i fedeli, tanti – 35mila – di tutte le eta’: dalle ragazzine nate quando i classici erano gia’ stati scritti; ai suoi coetanei, sessantenni emiliani, che magari hanno sentito per la prima volta, quasi quarant’anni fa, uscire quella voce dai microfoni di Punto Radio. C’era il tempio, lo stadio Dall’Ara, con la luna piena, enorme, sopra San Luca. E l’altare, un palco di 740 mq.

E c’era soprattutto il sacerdote, uno dei pochi italiani ad officiare cerimonie con questi numeri. Dopo due anni di attesa e varie paure, Vasco Rossi e’ tornato a suonare nella sua terra, a Bologna. E’ emerso dal palco al crepuscolo della sera. Con il suono di organi, e la voce fuori campo con eco e vibrati a sottolineare la sacralita’; fuori dal tempo, con cappellino e occhiali da sole impossibili, che sui megaschermi un po’ ricordavano i tanti ‘clippini’ (brevi clip postate su facebook o youtube ndr) fatti nel periodo in cui e’ stato lontano dalle scene, convalescente. Poi gli occhiali se ne sono andati, e sono restati quegli occhi azzurri, quasi umidi, giganti in bilico nei campi stretti delle inquadrature. Ai pezzi nuovi si sono iniziati ad alternare i pezzi classici, ‘Domenica lunatica’, ‘Ogni volta’ che ”l’ho scritta a cinquecento metri da qui”. Pochissime parole. Dopo quel ”Tutto bene quel che finisce bene” con cui ha salutato i fan dopo la quarta canzone. E tanta musica – dalle 21, puntualissimo; alle 23.23 quando i fari del Dall’Ara si sono accesi a illuminare la fiumana che imboccava l’uscita con in testa le parole e le musiche del gran finale. ‘Albachiara’, ‘Vita spericolata’, cantata con il distacco ironico di chi ”una vita fatta cosi”’ alla fine l’ha avuta; ma nonostante tutto, e’ ”ancora qua..”. ‘Eh gia’…’, ancora qua. Un lungo abbraccio. Dopo i ricoveri, il tour interrotto, i silenzi, il timore che cosi’, in uno stadio, non lo si sarebbe visto mai piu’. Il calore degli applausi scroscianti a sottolineare ogni volta che un’espressione, un verso, raccontavano la resistenza, l’essere un reduce, un sopravvissuto, ma l’esserci ancora, per quanto ”liberi di non ritornare” come canta, calcando un po’, ne ‘I soliti’. E alla fine, per chi ci crede – e li’ a lui ci credevano in molti, quasi tutti – e’ arrivata anche la laicissima assoluzione: ”In bocca al lupo a tutti – ha detto prima di uscire – Certamente ce la farete tutti”.

 

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