Il Consiglio regionale delle Marche si schiera con i sindacati nella vertenza Indesit e chiede che l’azienda ritiri il piano da 1.425 esuberi con la chiusura di due fabbriche (una a Fabriano, l’altra a Caserta). Sollecitato anche un intervento di politica industriale da parte del Governo con il varo di un progetto per realizzare una piattaforma per ricerca e innovazione a Melano, uno degli stabilimenti fabrianesi destinati a chiudere. L’Assemblea legislativa si è pronunciata all’unanimità al termine di una seduta aperta, contrassegnata da momenti di tensione e polemiche da parte dei lavoratori nei confronti dei “politici”. Quella di oggi doveva essere dedicata a tutte le crisi nelle Marche.

L’aula era però sovraffollata da lavoratori della Indesit, arrivati ad Ancona con una forma di protesta di protesta piuttosto originale: un serpentone di 350 auto partito stamattina presto da Fabriano e giunto a destinazione dopo avere viaggiato a 40 km orari, tra bandiere, canti, slogan e sirene. Inevitabili disagi e rallentamenti alla circolazione, in particolare sugli innesti della SS76 con la viabilità ordinaria e all’arrivo in città, ma senza particolari problemi. In aula però, davanti ad una lunga serie di interventi ‘istituzionali’ (Anci, Upi, Cgil, ma anche categorie produttive) i lavoratori hanno cominciato a rumoreggiare, finché gli interventi rimanenti sono stati tagliati e la discussione si è concentrata solo su Indesit Company. Bersaglio delle critiche soprattutto il presidente della giunta regionale Gian Mario Spacca, fabrianese. Il governatore in realtà, e con lui tutta la giunta, si era immediatamente attivato appena ha avuto notizia del piano. Un piano “inaccettabile” ha ribadito oggi, per il quale ha subito contattato il ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato, ottenendo l’apertura di un tavolo nazionale, che torna a riunirsi il 16 luglio. “Siamo tutti dalla stessa parte” ha ripetuto più volte Spacca, che ieri aveva anche partecipato al coordinamento sindacale Fim, Fiom, Uilm del settore elettrodomestico di ieri a Roma. E per la Indesit, ma anche per la tutela di tutto il comparto, “il secondo settore produttivo del Paese”, ha rilanciato la proposta della piattaforma di innovazione e ricerca. Fim, Fiom e Uilm però non sono sembrati molti interessati a questa possibilità e si sono limitato a insistere sul ritiro tout court del piano. “L’Indesit non è in crisi – hanno detto Giuseppe Ciarrocchi (Fiom), Andrea Cocco (Fim) e Vincenzo Gentilucci (Uilm) – ha fatto utili nel 2012 per 62 milioni di euro, non può annunciare esuberi nel 2013”. E da più parti è stato invocato “un confronto” chiarificatore con la famiglia Merloni, che sembra essersi tirata fuori dopo la designazione di Marco Milani nel doppio ruolo di ad e presidente. A dare voce allo stato d’animo dei lavoratori è stato un rappresentante della Rsu di Albacina: “non sono affezionato ai piani cottura più che ai frigoriferi. Sono affezionato al lavoro e ho bisogno di lavorare perché ho una figlia piccola”. E ai politici ha rivolto una supplica – “stateci vicini perché da soli non ce la facciamo” – e un ammonimento: “se non esistiamo noi, non esistete neanche voi”.

 

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