Quando appena dopo il primo brano, mentre Teresa De Sio salutava il suo pubblico, è saltata la rete elettrica e tutte le luci e gli impianti si sono spenti, pure nel caldo torrido di sabato sera, un brivido ha percorso la schiena di tutti gli organizzatori.

Erano accorsi in più di millecinquecento a godersi le canzoni della cantautrice napoletana, dai paesi circostanti, da Napoli, dall’intera regione. E c’erano anche centinaia di ragazzi che da tutt’Italia sono giunti sui beni confiscati della Campania per i campi di volontariato di E!state Liberi. Al bene confiscato “Alberto Varone” a Maiano di Sessa Aurunca non c’era più un solo posto a sedere disponibile, si era riempito di persone che non avevano mai messo piede in un luogo sottratto alle mafie, e dopo averne chiesto la storia, dopo essersi informati sulle attività realizzate, avevano già riscaldato le ugole per accompagnare l’energia acustica della De Sio e dei suoi musicisti. Quel guasto arrischiava di chiudere la VI edizione del Festival dell’Impegno Civile/Le terre di Don Peppe Diana, nella maniera più dispettosa immaginabile. Non poteva finire così. E, infatti, dopo pochi minuti i ragazzi della cooperativa Al di là dei sogni che gestisce il bene confiscato, i tanti volontari, gli organizzatori del Festival, con risoluzioni tecniche tanto veloci da sembrare magia, hanno fatto riaccendere le luci sul palco, la musica è ripartita. Teresa De Sio, ancora più energica accompagnata dagli incitamenti e dai cori entusiasti del pubblico, per oltre un’ora e mezza ha suonato e cantato i brani dell’album “Tutto cambia”, compresa “Na strada miezzo ‘o mare”, bella versione in napoletano della “Crueza de Ma” di Faber, fino all’apoteosi finale con “Aumm Aumm”. Poi Valerio Taglione referente del Comitato Don Peppe Diana che con Libera coordinamento provinciale di Caserta ha promosso il Festival, è risalito sul palco insieme a tutti i ragazzi della cooperativa Al di là dei sogni, donando alla De Sio la maglietta “Per amore del mio popolo”. Mentre la cantautrice partenopea la stringeva al pugno sventolandola come bandiera di libertà, Erasmo, uno dei padroni di casa del bene confiscato, una vita rinchiuso in un istituto perché sordomuto, con un numero sugli indumenti al posto del nome, ha preso il microfono e, con quella voce che tira fuori dall’anima nelle occasioni speciali, ha salutato tutti. E’ stato Erasmo, che oggi ha ritrovato un luogo, un lavoro, la dignità, a chiudere questa edizione della prima manifestazione italiana interamente realizzata sui beni sottratti alle mafie, a ricordare che c’è la bellezza e ci sono gli oppressi, e per quanto difficile possa essere sulle Terre di Don Peppe Diana si prova ad essere fedeli ad entrambi. Dopo più di mille chilometri percorsi in tutta la regione per due mesi dal 3 giugno al 3 agosto, 40 tappe, 32 beni confiscati aperti a oltre 8 mila cittadini, tra cui 200 personalità del mondo della cultura, dell’arte, delle istituzioni, della società civile, il Festival dell’Impegno Civile che quest’anno, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, ha coinvolto più di ottanta tra associazioni, comitati, cooperative, ha “fatto l’impresa”, come indicava la traccia di questa edizione, e a “ri.pro.va. (riutilizzo, promozione e valorizzazione) del bene”  ha mostrato che si può fare, che, proprio a partire dai beni confiscati è possibile realizzare un nuovo modello di sviluppo, sostenibile e inclusivo, una rete di economia sociale capace di coinvolgere le forze sane di questi territori, un modello di promozione sociale e culturale collettivo che nasce dal basso e punta in alto, a quell’utopia della realtà che sono “Le terre di Don Peppe Diana”. Mentre sul Bene Confiscato Alberto Varone si spegnevano le ultime luci, già si discuteva delle idee, dei progetti per la prossima edizione, già si costruiva un nuovo cammino che non è già segnato, perché la strada si costruisce camminando. Poi, a salutare questa VI edizione, in un silenzio dolce, tutti col naso all’insù, ad alzare lo sguardo e riconoscere in fondo al cielo limpido di questo 3 agosto, quel milione di stelle senza nome grazie alle quali la notte è meno scura.

 

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