Una delle regioni con il più alto numero di reati riguardanti il settore agricolo nel 2011 è stata la Campania con 2.011 reati, seconda solo al Lazio dove ne sono stati registrati 2.097. Ed il territorio campano, dal punto di vista agroalimentare, fa gola ad associazioni criminali impegnate a controllare, tra l’altro, distribuzione e trasporto dei prodotti, imposizione della vendita di determinate marche e di determinati prodotti agli esercizi commerciali, per un giro d’affari che in Italia si attesta attorno ai 14 miliardi di euro l’anno, 7 dei quali solo nel settore agricolo. E’ quanto emerge nel secondo rapporto Agromafie realizzato da Eurispes e Coldiretti, presentato oggi nella sala centrale del Tribunale di Nola (Napoli), alla presenza, tra gli altri, di Gian Maria Fara, presidente dell’Eurispes, Anna Rea, segretario generale Uil Campania, Lucio Prisco Sorbo, direttore Coldiretti Campania, Giuseppe Vadalà, generale corpo forestale dello Stato, Giovanni Fragola Rabuano, presidente del Tribunale di Nola, e Paolo Mancuso, procuratore della Repubblica di Nola.

“Presentare oggi qui questo lavoro non è un caso – ha affermato Fara – la Campania, in particolare questa zona compresa tra Napoli e Caserta, è una delle più importanti dal punto di vista dell’agroalimentare e proprio per questo fa gola alle associazioni criminali che nel corso degli ultimi decenni non solo l’hanno sfruttata ma anche letteralmente violentata dal punto di vista ambientale”. Secondo il rapporto sarebbero almeno 5000 i locali di ristorazione in Italia gestiti, attraverso prestanome, dalla criminalità che in questo modo produce non solo profitti ma riesce anche a riciclare denaro sporco. Nel rapporto, inoltre, emerge “l’evoluzione dell’Italian Sounding all’Italian Laundering”, il passaggio dalla commercializzazione di prodotti non italiani con l’utilizzo di nomi e simboli che richiamano il Bel Paese, all’acquisizione di marchi legati alla storia e cultura dei territori, attraverso i quali si commercializzano produzioni dall’origine incerta e spesso pericolosa, e si ricicla il danaro sporco. A rischio la salute pubblica e anche il futuro degli agricoltori italiani, il cui reddito, in dieci anni, per ogni 100 euro prodotti dalla filiera è sceso da 7,6 a 1,5 euro. Ma i prezzi dell’ortofrutta, invece, si moltiplicano, in alcuni casi anche fino al quasi 300 per cento sulla lunga filiera. “Dietro tanti passaggi – si fa notare – molto spesso c’è la longa manus delle mafie”.

 

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