Un uomo semplice, forte soltanto dei valori in cui credeva. Un sacerdote che, per amore del suo popolo, non ha avuto paura di sfidare i clan camorristici che infestavano il suo paese. Testimoniando la sua verità ed educando ai valori della legalità. Fino al sacrificio estremo. Don Giuseppe Diana, per tutti don Peppe, parroco di San Nicola a Casal di Principe, in provincia di Caserta, fu ucciso dai killer della camorra il 19 marzo del 1994. Poco prima che celebrasse la Messa. La sua figura e il suo esempio, rivivono ora nella fiction ‘Per amore del mio popolo don Diana’, in onda domani e martedì 19 marzo su Rai1 per la regia di Antonio Frazzi.

A dare il volto al prete anti-camorra è l’attore napoletano Alessandro Preziosi. Il messaggio di don Diana, evidenzia il presidente della Rai, Anna Maria Tarantola, “spiega come una persona normale, un sacerdote che teneva molto ad essere considerato un prete e un uomo, abbia saputo nella sua normalità fare del bene diluendolo nell’attività quotidiana e riuscendo ad aggregare intorno a sé tanti giovani”. Un esempio, quello di don Diana, che “permette di capire che la semplicità e la normalità possono essere lo strumento per dare messaggi e testimonianze molto forti. Don Diana è stato un testimone fortissimo contro la violenza, la prevaricazione e l’illegalità”. Il sacerdote campano, insomma, rappresenta per il presidente Tarantola, “l’esempio di un comportamento normale fortemente orientato alla legalità. Con la sua opera ha educato tanti giovani”.

La fiction, prodotta da Giannandrea Pecorelli per Aurora Film, conferma inoltre l’attenzione che la Rai rivolge alle forme di illegalità che invadono tante regioni italiane. “Le nostre fiction e gli approfondimenti che proponiamo su questi temi sono esempi importanti che testimoniano il nostro impegno per non spegnere i riflettori. Una buona comunicazione, capace di approfondire questi temi, è anche in grado di educare. La prevenzione dell’illegalità, per il presidente di viale Mazzini, passa comunque anche attraverso “la lotta al riciclaggio”. Pronto a spendersi per la sua gente, e a insegnare una via diversa rispetto a quella tracciata dalla camorra, don Diana non si tira indietro di fronte al pericolo. Al contrario decide di restare nel suo paese, dove infuria una battaglia senza esclusione di colpi tra la famiglia degli Esposito e quella dei Capuano. Rifiuta il trasferimento a Roma e risponde alle minacce dei clan con forza e coraggio.

“Per me – osserva Preziosi – è stato difficile interpretare umanamente don Diana. Come napoletano, campano e come persona informata sui fatti di questo Paese, è ancor più difficile sentire le tante parole impiegate per migliorare la realtà. Realtà che, però, non cambia mai”. Il titolo della fiction trae origine da un documento, ‘In nome del mio popolo’, fortemente critico nei confronti del malaffare, che Don Diana fa risuonare nelle Chiese di Casale durante la notte di Natale. Uno scritto di denuncia, nato dopo l’ennesimo omicidio, che segna l’inizio della fine del parroco.

“La fiction – osserva Tinny Andreatta, direttore di Rai Fiction- risponde alla linea del Servizio Pubblico, innanzi tutto per il tema che propone. Il filo comune a molte produzione che stiamo facendo è quello di presentare scelte individuali coraggiose. Proponiamo i valori che si contrappongono all’illegalità, alla malavita e alla corruzione. Don Diana è un uomo che ha deciso di restare in una terra che, in quegli anni, vedeva l’assenza dello Stato. Con la sua presenza provoca una reazione in quella popolazione rassegnata in cui mancava coraggio e che aveva bisogno di essere risvegliata”. La fiction su don Diana, afferma Giancarlo Leone, direttore di Rai1, è recitata con misura ed equilibrio. “Da tanti anni il produttore Pecorelli aveva questo progetto pronto per la Rai. Oggi ha trovato orecchie più attente. Raramente ho visto un film per la tv diretto e recitato così, con questa misura, senza cadere nello stereotipo”.

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