Durante la scorsa notte è stata data esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa – su richiesta di questa Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli – dal GIP del Tribunale di Napoli, nei confronti di Carmine Schiavone,figlio di Francesco detto Sandokan, Pasquale Mauriello e Carmine Iaiunese, indagati, i primi due per estorsione, il terzo per ricettazione: delitti tutti aggravati dal metodo mafioso e dal fine di agevolare l’organizzazione di stampo mafioso.
In particolare, nel contesto delle indagini condotte dalla Squadra Mobile della Questura di Caserta nei confronti del citato gruppo Schiavone (indagini che avevano già consentito l’arresto di alcuni affiliati per analoghi episodi) emergeva l’attuazione, su mandato del citato Schiavone Carmine, di un’attività estorsiva, posta in essere tra ottobre e novembre 2012 in danno dei titolari di una farmacia di San Cipriano d’Aversa (CE).
Le indagini venivano riscontrate anche dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che, tratti in arresto per attività estorsive, avevano poi deciso di rendere dichiarazioni collaborative: tra gli episodi svelati quello in argomento, al quale i suddetti avevano partecipato personalmente.
La ricostruzione degli investigatori aveva dato conferma del ruolo apicale di Carmine Schiavone e della sua determinazione ad attuare una strategia criminale improntata su diffuse, sistematiche e continue attività estorsive sul territorio. Le estorsioni venivano ritenute, infatti, sia una fonte indispensabile di finanziamento del sodalizio sia un essenziale strumento di “controllo sociale”, funzionale a perpetrare uno stato di assoggettamento della popolazione, stato che appariva in pericolo a causa dei successi investigativi conseguiti negli ultimi anni da Magistratura e Forze dell’ordine.
Con la misura eseguita in data odierna, è stato contestato a Carmine Schiavone proprio il ruolo di “mandante” della richiesta estorsiva in questione, formulata materialmente da Pasquale Mauriello e dagli altri affiliati poi divenuti collaboratori di giustizia. Alla vittima veniva intimato il pagamento di una somma di 5.000 euro, poi ridotta a 2.500: , secondo la ricostruzione accusatoria avvalorata dal Giudice, il denaro, una volta ritirato, veniva consegnato allo Iaiunese, che all’epoca dei fatti ricopriva il ruolo di cassiere del sodalizio.