244 internati, continui nuovi ingressi (24 solo a Napoli tra marzo e aprile), almeno la metà per crimini bagattellari, meno di un quarto del totale per reati gravi, 8 persone recluse da più di vent’anni, tra cui L. di Avellino da 27 anni rinchiuso ad Aversa ed L. da 29 anni tra Aversa e Napoli, circa l’80% di quanti sono in queste strutture che non avrebbe più motivo per restarvi. E ancora strutture fatiscenti, condizioni igienico sanitarie precarie, internati che a Napoli sono costretti anche a magiare chiusi in celle sprovviste finanche di un televisore o una doccia, ricorso sistematico alle celle di isolamento, persone che rientrano dopo il fallimento della licenza finale d’esperimento, spesso anche solo per aver rifiutato di assumere la terapia all’interno di strutture neomanicomiali di cui anche i magistrati chiedono solo l’indirizzo e nulla più. E’ parte della realtà odierna dei due ospedali psichiatrici giudiziari della Campania che il consigliere regionale del PD Antonio Amato ha ispezionato nelle ultime settimane con due visite non annunciate realizzate nelle strutture di Secondigliano (sabato scorso) e Aversa (mercoledì 9 aprile). Hanno fatto parte della commissione ispettiva il ricercatore Antonio Esposito (ad Aversa e a Secondigliano), e (a Napoli) Dario Stefano Dell’Aquila componente dell’Osservatorio Nazionale sulla Detenzione di Antigone «Ci siamo trovati di fronte a contenitori di sofferenza che continuano a riempirsi: a fronte dei progetti di dimissione degli internati in previsione del superamento prorogato al 2015, i perversi meccanismi delle misure di sicurezza e della cosiddetta osservazione psichiatrica restano immutati. Così solo a Napoli tra marzo e aprile ci sono stati 24 nuovi ingressi» afferma Amato «Abbiamo incontrato storie incredibili come quella di G. che dopo essere stato sergente dell’esercito in Bosnia e Kosovo, è incorso in una forte sofferenza psichica e poi, a causa di un litigio in famiglia, è oggi rinchiuso nell’opg di Secondigliano. E ancora F., rinchiuso da 23 anni ad Aversa, di cui gli psichiatri dell’opg chiedono la presa in carico al DSM di appartenenza ma questo la rifiuta riconoscendo ancora la pericolosità sociale con una diagnosi fatta per corrispondenza, senza averlo mai visitato.  Ma ognuna delle storie incontrate dimostra l’assoluta inefficacia di un sistema manicomiale infernale, incapace di curare, che colpisce i più deboli, oggi molti immigrati e anche ragazzi (abbiamo incontrato anche tanti, troppi ventenni) che dal circuito delle dipendenze e della sofferenza mentale arrivano poi in opg, anche per piccolissimi reati, come una pipì in piazza diventata atti osceni, o un litigio in famiglia La proroga al 2015 difficilmente verrà rispettata e comunque» continua Amato «la soluzione individuata, quella delle Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza, non risolverà alcunché, riproporrà su scala ridotta la stessa logica manicomiale e costerà una cifra spropositata». Solo in Campania, infatti, per le 8 REMS da 20 posti ciascuna previste sulle 5 provincie, tra costi di ristrutturazione e costruzione ex novo è prevista una spesa di oltre 19 milioni di euro.  «Soldi pubblici spesi per creare strutture contenitive neomanicomiali che non intaccano i due nodi principali del problema» afferma Antonio Esposito «Innanzitutto, non si interviene sulla questione delle misure di sicurezza, sia quelle definitive per persone riconosciute incapaci di intendere e volere che trasformano la certezza della pena nella possibilità di ergastoli bianchi, sia quelle provvisorie, disposte senza che nemmeno ci sia stato il processo, e che poi possono durare anche anni in attesa del dibattimento. C’è poi la seconda questione» dice Esposito «quella più importante, quella del sistema territoriale di cura della sofferenza psichica, che, come dimostrano diversi esempi concreti, realizzerebbe una fondamentale opera di prevenzione. Dipartimenti di Salute Mentale aperti sulle 24 ore, Progetti Terapeutici Individualizzati, superamento del sistema dei cronicari, terapie che non si limitino alla somministrazione e all’abuso di psicofarmaci. Senza dimenticare che in molte strutture, anche pubbliche, si fa ancora largo uso della contenzione fisica e finanche degli elettroshock». Anche per queste ragioni il consigliere Amato propone «la definizione di uno specifico approfondimento in consiglio regionale. Bisogna capire come funziona il sistema psichiatrico territoriale e ospedaliero, dove finiscono i milioni di euro spesi nel privato sociale e cosa stanno facendo le ASL. Non è possibile ad esempio» conclude il consigliere del PD «che in alcuni territori come il casertano si realizzino progetti individualizzati sostenuti da budget di salute che stanno dando ottimi risultati in chiave di deistituzionalizzazione, cura, restituzione alla cittadinanza e anche razionalizzazione della spesa sanitaria, e in altri, come Napoli, questa metodologia, disciplinata da legge regionale, semplicemente non esista»

 

 

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