«A causare la morte di mio padre – afferma Massimo Noviello, figlio di Domenico che fu ucciso dalla camorra il 16 maggio del 2008- non fu la denuncia degli estorsori e non è stato aver scelto di essere un uomo libero. Mio padre fu ucciso perché era stato lasciato solo. E’ questo il punto attorno al quale la nostra riflessione non deve fermarsi». «Quando, in varie occasioni ed in diversi posti, testimonio la nostra storia lo faccio per diffondere il messaggio del movimento antiracket, per far conoscere l’associazione di Castel Volturno nata dopo appena due anni dall’omicidio di mio padre e che oggi ha praticamente raddoppiato il numero dei soci: gente comune che ha denunciato e continua a fare la propria vita di sempre, perché non sono stati lasciati soli e perché sanno che possono contare l’uno sull’altro», continua Massimo Noviello firmando un suo intervento sul sito antiracket.info «La presenza delle istituzioni è fondamentale e lo è alla stessa maniera anche la partecipazione dei cittadini. Se è vero, come lo è, che nel 2010 con la costituzione dell’associazione di Castel Volturno abbiamo rigettato il messaggio di terrore che i camorristi avevano voluto dare uccidendo mio padre per ammonire tutti gli altri operatori economici, è vero anche che quella risposta dobbiamo continuare a darla anche nelle aule di Tribunale».