Il Movimento Rinascita Santarpinese chiede le dimissioni dell’amministrazione comunale santarpinese dopo condanna ad un anno e sei mesi del sindaco sospeso Eugenio Di Santo.
“ LA LIBERTA’ DEL SINDACO– si legge in un volantino diffuso in queste ore- VALE 18 MESI. CONDANNATO PER IL REATO A LUI ASCRITTO E DA LUI CONFESSATO. IL RISARCIMENTO MORALE DEI SANTARPINESI VALE 17 CENTESIMI PER I DANNI SUBITI. CARI AMMINISTRATORI DOPO AVER RIBADITO, SOLIDARIETA’ AL VOSTRO SINDACO E FIDUCIA NELLA MAGISTRATURA. QUANTO VALE LA VOSTRA CREDIBILITA’ ? RIDATECI LA DIGNITA’. NON LASCIATECI GOVERNARE DA UN SINDACO REO CONFESSO DIMETTETEVI SUBITO!”.
E subito dopo i militanti del movimento guidato da Loredana Di Monte riportano l’articolo di Gian Antonio Stella pubblicato sul Corriere della Sera due giorni or sono che mette alla berlina Di Santo ed i suoi. “Come mai ventidue anni dopo lo scoppio di Mani Pulite c’è gente che continua a chiedere tangenti e gente che continua a pagarle? Alla domanda che tanti ipocriti si sono pensosamente posti nei giorni scorsi dopo gli arresti per l’Expo 2015, risponde una sentenza del tribunale di Napoli Nord. Così bonaria verso l’imputato da incoraggiare alla mazzetta ogni amministratore pubblico che si senta portato al mestiere di ladrone. Eugenio Di Santo, un ricco imprenditore sindaco di Sant’Arpino, in provincia di Caserta, era stato arrestato sei mesi fa per avere «ripetutamente sollecitato» un imprenditore che gestisce i servizi mensa delle scuole comunali a «regalargli» un prezioso bracciale tempestato di diamanti che costava intorno ai tremila euro e che, stando a quanto diceva, avrebbe dovuto regalare a sua volta a un magistrato. Nessun dubbio sui fatti. Come ha scritto ieri mattina sul Mattino Marilù Musto, l’uomo non poteva che «ammettere la colpa a fronte di prove schiaccianti: un video che ritraeva il sindaco con la sua vittima sul retro della scuola elementare, nastri registrati durante i colloqui fra i due e una denuncia ai carabinieri presentata dal ristoratore alla stazione di Lusciano il 1 novembre 2013. Difendersi sarebbe stato inutile, meglio chiedere la riqualificazione del reato e andare avanti in un processo più breve possibile. Bisognava evitare l’interdizione dai pubblici uffici». Ed è esattamente quello che, grazie al patteggiamento, Eugenio Di Santo ha ottenuto l’altro giorno dal tribunale di Napoli Nord. I giudici, presidente Alberto Maria Picardi, lo hanno infatti condannato a un anno e sei mesi di carcere. Più il pagamento di 2.500 euro come risarcimento all’imprenditore costretto a pagare e al Comune. Tanto per capirci, visto che la popolazione del paese assomma complessivamente a 14.267 anime, l’onore di ogni abitante offeso dal tangentismo del primo cittadino è stato valutato 17 centesimi. Di più: trattandosi di una condanna inferiore ai due anni, così leggera anche grazie al fatto che il Comune non si era costituito parte civile, la pena è stata sospesa. E poiché l’uomo non si era mai dimesso (si era candidato a sindaco con questa promessa: «Né io, né gli assessori, né i consiglieri comunali prenderemo un solo euro in cinque anni») potrebbe teoricamente tornare in sella. Come andrà a finire non si sa. Dopo la condanna l’uomo, eletto da un’«alleanza democratica» trasversale che comprendeva il Pd, l’Udc, i socialisti, i mastelliani e altri ancora, è stato festeggiato nella sua villa da decine di simpatizzanti entusiasti. Un altro elettore si è spinto a scrivere sulla pagina Facebook del condannato: «abbiamo sempre confidato in te, Gesù!». Ancora più divertente, a latere, c’è un’altra noterella: solo due settimane fa quel Comune che non si è costituito parte civile contro il sindaco reo confesso ha premiato il presidente del Senato Pietro Grasso nel corso della manifestazione «Pulcinellamente»… Il paese si vanta infatti di aver dato i natali, secoli fa, al personaggio teatrale di Maccus. L’antenato di Pulcinella. Complimenti: coerenza perfetta…”.