Nonostante la crisi e il disagio abitativo che colpisce soprattutto i centri metropolitani, a Milano e Napoli il canone concordato per gli affitti non può essere utilizzato in quanto gli accordi territoriali sono fermi da oltre un decennio, rispettivamente da 15 e 11 anni. Ad affermarlo è Solo Affitti, franchising immobiliare leader in Italia nella locazione immobiliare. ”Il Comune – spiega – non convoca da oltre un decennio le associazioni degli inquilini e dei proprietari per rinnovare gli accordi territoriali sui prezzi degli affitti”. Ciò comporta uno svantaggio per gli inquilini che potrebbero pagare canoni più bassi e per gli stessi proprietari che sborserebbero meno tasse, anche grazie alle ultime agevolazioni governative. Una situazione che rende così inutile – sottolinea Solo Affitti – l’ulteriore riduzione (prevista dal Piano casa 2014 del governo) dal 15% al 10% dell’aliquota agevolata per chi sceglie la cedolare secca sottoscrivendo contratti a canone concordato. Già dopo la prima riduzione dell’aliquota dal 19 al 15%, nel 2013 due nuovi contratti su 3 sono stati stipulati con il regime della cedolare, ”e con l’ulteriore diminuzione dell’aliquota la preferenza verso questa opzione non può che aumentare perché avvantaggia sia i proprietari che gli inquilini” dice l’azienda sollecitando Comune e associazioni di categoria ad aggiornare presto i canoni. Utilizzando il contratto d’affitto con canone concordato l’inquilino, oltre a pagare un affitto inferiore a quello di mercato, può usufruire di detrazioni fiscali ai fini Irpef, nel caso in cui l’immobile diventi la sua residenza principale. Così come il proprietario beneficia di agevolazioni fiscali che gli permettono di percepire, nell’arco dell’anno, un reddito maggiore rispetto a un contratto con canone libero. Tra i Comuni ‘maglia nera’ nella classifica del gruppo, anche Campobasso, Potenza, Catanzaro non aggiornano i canoni concordati dal 1999. Ancona e Napoli dal 2003.