Molte le pompe di benzina comunque aperte a Napoli ma per la Figisc Confcommercio ”oltre il 70 per cento degli impianti per la distribuzione della benzina hanno aderito allo sciopero in Campania”. Lo afferma Vincenzo Mosella, vicepresidente vicario nazionale e presidente regionale. Fuori dalla protesta le ‘pompe no logo’ e quelle gestite direttamente dalle compagnie. “Nonostante il momento economico negativo e le ‘pressioni’ delle compagnie petrolifere, che hanno estromesso la figura del gestore dalla rete distributiva – ha aggiunto Mosella – possiamo considerarci soddisfatti della risposta della categoria. Il solo scopo di questa protesta è salvaguardare i posti di lavoro e ripristinare condizioni di mercato che consentano un immediato abbattimento dei costi sull’intera rete. Prezzi alti, discriminazioni commerciali, comportamenti anticoncorrenziali stanno danneggiando consumatori e imprese di gestione. Le compagnie petrolifere, forti del vincolo di esclusiva, – ha detto il numero due della Figisc-Confcommercio – continuano ad imporre unilateralmente e arbitrariamente ai gestori prezzi di acquisto fuori mercato, molto più alti di quelli praticati alle cosiddette “pompe bianche” che comunque vengono rifornite da loro stesse, provocando il collasso economico dell’azienda e la fuoriuscita dei gestori dal circuito distributivo. Tutto ciò – conclude Mosella – in spregio alle norme vigenti che dovrebbero riservare ai gestori condizioni eque e non discriminatorie ed al solo scopo di liberare gli impianti per “selfizzarli” completamente e proporre agli ormai ex gestori contratti di vigilanti degli impianti con orari e stipendi dimezzati”. Cauto il giudizio del sindacato del terziario della Cgil, la Filcams, sulle adesioni registrate a Napoli allo sciopero dei benzinai. “I lavoratori – secondo il segretario generale regionale della categoria, Raffaele Lieto, che a Napoli non ha iscritti tra i dipendenti dei distributori – ci pensano due volte prima di scioperare, stanno attenti ai soldi. C’è poi una oggettiva difficoltà nell’incidere sulle scelte del governo, di fronte allo strapotere delle multinazionali che hanno deciso di organizzare la distribuzione attraverso una loro rete di vendita diretta”. “Questo – conclude Lieto – rende difficile una adesione massiccia allo sciopero”.