Il Coordinamento provinciale di Sinistra Ecologia Libertà Caserta ha approvato a larga maggioranza il seguente ordine del giorno. “Abbiamo apprezzato il tentativo compiuto da coloro che, nella recente Assemblea nazionale di SEL, hanno cercato di tenere aperta una prospettiva unitaria e un’agibilità politica, nella convinzione che il nostro partito possa e debba ancora giocare un ruolo attivo nel dibattito della sinistra italiana ed europea. Condividiamo fino in fondo il presupposto della loro proposta: l’esistenza incoercibile di uno spazio politico autonomo per una forza che si presenti come radicalmente riformista sul piano delle opzioni programmatiche, della cultura di governo, della politica delle alleanze e nell’alveo del socialismo europeo. Il lungo ordine del giorno poi recepito da Nichi Vendola e presentato alla discussione della stessa Assemblea nazionale del 14 giugno accoglieva in larga parta la stessa ispirazione, per quanto con formulazioni meno nette e più onnicomprensive”.

“Tuttavia, quello che poteva essere un passo in avanti è stato vanificato dal tenore degli emendamenti aggiuntivi, inseriti quasi di soppiatto sul finire dell’appuntamento — e senza alcuna possibilità di un voto separato e puntuale sugli stessi. Il documento così integrato ci vede certamente contrari, e non solo per un metodo di gestione, di discussione e di decisione rispondente più a un’impostazione carismatico-unanimistico (tanto tipica dello stato nascente dei movimenti) che alla dialettica di un’organizzazione politica matura. La questione davvero decisiva attiene alla sostanza di scelte che — di là delle generiche rassicurazioni verbali che impegnano SEL a frenare le precipitazioni organizzative della lista «l’Altra Europa con Tsipras» — ci conducono a partecipare alla costituente della sinistra radicale che muoverà i suoi primi passi nell’appuntamento nazionale del 19 luglio. Questa decisione ci consegna disarmati a un’ineluttabile cooptazione subalterna in un progetto di per sé minoritario e identitario, che guarda al conflitto non come al manifestarsi dei disagi e dei bisogni da rappresentare e risolvere, ma come a un valore in sé: la quintessenza di un antagonismo permanente e progressivo che non ambisce mai a farsi Stato, per coltivare invece o un eterno potere costituente, o, nella migliore delle ipotesi, il mito di una solitaria prospettiva maggioritaria. Una volta si attendeva Godot, ora ci si accontenterebbe del 51% dei suffragi. Sentiamo il dovere di esprimere tutto il nostro dissenso. Non per un qualsivoglia riflesso difensivo — non abbiamo piccole patrie da tutelare — ma perché vorremmo immergerci in quel confronto, aggregare forze, contaminarci con loro, nella consapevolezza di tutto il valore del percorso che abbiamo compiuto in questi anni. In sintesi, vorremmo partecipare alla ricostruzione di una sinistra che non testimoni soltanto la coerenza astratta dei propri principi, ma sia impegnata in una quotidiana battaglia per il cambiamento: sul piano delle condizioni materiali di lavoratori, dei pensionati e dei precari; su quello dei diritti civili e degli assetti costituzionali; sul tema di una questione meridionale da troppo tempo misconosciuta. E farlo, soprattutto, con pari dignità. La torsione antagonista e identitaria imposta a SEL in questi mesi ci conduce su strade diametralmente opposte. Il dato più eclatante, addirittura rivelatore della prospettiva minoritaria che si va sempre più diffondendo, riguarda in particolare il tema dei rapporti con il PD e con il centrosinistra. Il punto, ancora una volta, è di cultura politica, oltre che di prospettiva di governo. La coalizione non è una gabbia, ma un progetto da costruire e praticare senza abdicare alle proprie convinzioni, cercando il dialogo e gli equilibri possibili tra le diverse prospettive che vi convergono. È una sfida molto dura, perfino contundente (come la definiva giustamente qualcuno nella nostra Assemblea nazionale) che va istruita per imporre il cambiamento e il rinnovamento — sia in funzione delle scelte programmatiche che riguardo alla qualità del personale politico-amministrativo da impegnare nelle istituzioni. In ogni caso, il centrosinistra non è un accidente, un dato eventuale del quale tener conto come se fosse una deviazione patologica da un corso ordinario. Al contrario, per una sinistra di governo è un elemento assolutamente costitutivo. In questa luce, se è vero — come dice Vendola — che il centrosinistra vince le sue battaglie solo se la sinistra riesce a fare fino in fondo la propria parte, risponde alla realtà anche l’esatto opposto. E cioè che «la sinistra che serve» è tale solo se assume, senza ambiguità o subordinate, l’obiettivo della costruzione di una coalizione di governo. Il centrosinistra rappresenta un carattere strutturale della missione e dell’identità di SEL, nella vicenda italiana ed europea”.

“Il che non significa che non si debba essere pronti anche ad andare da soli, per testimoniare la presa di distanza da scelte che possano risultare inaccettabili. Ma è proprio questa presa di distanza a presentarsi come l’accidente, la dolorosa patologia, la deviazione, la rottura (talvolta necessaria, ma mai auspicata) di un campo democratico e progressista. La richiesta di adesione al Partito Socialista Europeo corrispondeva precisamente a questa ansia di essere un soggetto autonomo, ma di giocare nel contempo una partita vera per il governo e per il cambiamento, con la preoccupazione costante di dotarsi e di praticare una politica delle alleanze. La decisione, gravissima, di espungere quella richiesta di adesione dall’attuale prospettiva di Sinistra Ecologia Libertà corrisponde pienamente, invece, alla torsione minoritaria di una sinistra preoccupata più di se stessa che del Paese. Per questa ragione non parteciperemo in alcun modo alla costruzione della costituente ipotizzata nella manifestazione nazionale del 19 luglio dal comitato dei garanti de «L’Altra Europa». Anzi, reclamiamo non solo il diritto al dissenso, ma anche all’organizzazione dello stesso. Il nostro destino non è nel PD, ma nemmeno in una Syriza nostrana che a poco a che fare con le condizioni materiali e politico-culturali dell’Italia. Per tutti coloro che non condividono questa duplice liquidazione è venuto il momento di dare battaglia o di tacere per sempre. La conferenza organizzativa e programmatica dell’autunno è però l’ultima occasione. Noi abbiamo il dovere di provarci. Altri hanno quello di guidare finalmente un processo a viso aperto, scegliendo di stare da un parte o dall’altra. Che lo facciano, ora o mai più”.

 

 

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