Vale 10 miliardi di euro l’anno il “giro d’affari” del racket che grava sulle imprese italiane. La quota più ampia è a carico dei commercianti costretti a pagare alla criminalità organizzata un pizzo pari a 6,5 miliardi (il 65%): in totale sono oltre 200mila i negozianti e gli artigiani colpiti dall’estorsione. È quanto emerge dalla seconda edizione del libro dal titolo “I costi dell’illegalità e la lotta alla criminalità organizzata”, edito da Unimpresa. “L’estorsione – spiega Luigi Scipione, autore del libro, professore universitario e membro del Comitato di presidenza di Unimpresa – al di là dei suoi ritorni in termini economici, è l’attività criminale che più di ogni altra induce assoggettamento e conferma la posizione di supremazia sul territorio dell’associazione criminale”. Alla presentazione del rapporto di Uninpresa è intervenuto anche il presidente della Camera di Commercio di Napoli Maurizio Maddaloni che ha sottolineato come “Il territorio di Napoli e dell’area metropolitana non è competitivo, non attrae investimenti, perché fare impresa a Napoli significa dover far di conto con le tasse “ambientali” imposte dalla criminalità organizzata”. Maddaloni ha ricordato che “la legalità è la precondizione per lo sviluppo di ogni comunità sociale ed economica e qui a Napoli la zavorra dell’illegalità diffusa è ancora pesantissima”, sottolineando anche che “una vivacità nella nascita di nuove imprese” che però spesso nasconde “operazioni illegali che vivono per il tempo sufficiente a ripulire il denaro proveniente da attività commerciali”.