Un atto d’amore per il fratello che si è tolto la vita in carcere ma anche un grande atto d’accusa contro la giustizia italiana. E’ il manifesto affisso in questi giorni per le strade di Aversa che ricorda Mario Cantone, l’imprenditore suicidatosi in carcere lo scorso mese di febbraio. Il documento è stato scritto dal fratello che accusa il sistema giudiziario di esser stato sordo di fronte ad una condizione di grave disagio e incompatibilità con il regime detentivo. Ecco il testo che riportiamo integralmente per dovere di cronaca:  “Un grande uomo per chi non lo conosceva per la sua bontà e per l’amore verso gli altri. Il destino degli uomini è stato crudele con lui, sottratto alla vita senza un perché, e accusato di un reato gravissimo il 416 bis per impedirgli i domiciliari, e per arrestare anche il fratello Cantone Luciano prof. di scuola a media da 30 anni e senza l’accusa di nessun reato. Mario aveva fatto uso di stupefacenti e durante la detenzione aveva chiesto più volte la consulenza psichiatrica, ma che purtroppo non gli è stata mai concessa. Ciò lo ha portato alla disperazione, non riusciva pià a restare senza motivo in carcere e per un tempo lungo di otto mesi. Padre di tre bimbi biondi come i i raggi del sole che amava alla follia, erano la sua vita, e nonostante questo si è tolto la vita impiccandosi in carcere, era un uomo coraggioso, non si spaventava neanche della morte. Poca importanza ha avuto la sua famiglia fatta di professionisti, cugini Sindaci e Assessori Comunali Aversani, anche se nulla è stato mai chiesto a loro. Senza un perché la giustizia è andata avanti e Mario è morto. Lui vivrà nel cielo sicuramente accanto a Gesù, i figli vivranno orfani di un padre meraviglioso e noi fratelli non so cosa faremo, forse io Luciano che lo amavo più  della mia vita, spero di stargli presto accanto per l’eternità. Si ringrazia la Giustizia italiana per il grande lavoro di perfetta investigazione giudiziaria e in particolari il Pm. Ardituro e il giudice Terzi”.

 

 

 

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