I cambiamenti climatici cominciano a presentare il conto anche al sistema sanitario. Se prima della pandemia, la febbre alta d’estate era sicuramente il segnale di un raffreddamento dovuto magari all’aria condizionata, ora invece la diagnosi non è più così scontata. Oltre al Covid, a preoccupare l’Organizzazione mondiale della Sanità è il cosiddetto vaiolo delle scimmie (monkeypox): un’infezione trasmessa dagli animali all’uomo, causata da un virus della stessa famiglia del vaiolo (Poxviridae). Come ricorda l’Istituto Superiore di Sanità, il nome deriva dalla prima identificazione del virus, scoperto nelle scimmie in un laboratorio danese nel 1958. Ma l’infezione non aveva mai raggiunto una diffusione così alta. Dall’inizio di maggio al 7 luglio sono stati segnalati casi di monkeypox in 26 Paesi dell’Ue e dello Spazio Economico Europeo (4.908 i casi accertati). La maggior parte dei contagi è stata identificata nei maschi (tra i 18 e i 50 anni) che hanno rapporti sessuali con altri maschi. Finora, oltre 500 i casi confermati in Italia. I sintomi sono noti: febbre, dolori muscolari, cefalea, rigonfiamento dei linfonodi, stanchezza e manifestazioni cutanee, come per esempio vescicole, pustole, piccole croste. La malattia dura in genere dalle 2 alle 4 settimane; ma i soggetti fragili e gli immunocompromessi possono rischiare persino la vita. Per evitare che la situazione degeneri, il ministero della Salute ha già predisposto la distribuzione di 4200 dosi di vaccino nelle 4 regioni più colpite, ossia Lombardia, Lazio, Emilia Romagna e Veneto. «Per il momento, il vaccino contro il vaiolo delle scimmie è limitato soltanto ad alcune categorie a rischio – spiega Massimo Andreoni, direttore di Malattie infettive del Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Simit (Società italiana di malattie infettive e tropicali) – Non dimentichiamo che il 98% delle trasmissioni avviene attraverso rapporti stretti di maschi con maschi. Il vaccino pertanto è l’arma giusta per bloccare un’ulteriore diffusione. Ma occorre prevedere una campagna vaccinale che si allarghi ad altre regioni, ed è auspicabile una maggiore rete per la somministrazione delle dosi». In Italia, la vaccinazione contro il vaiolo umano è stata abolita nel 1981. Ma per chi ha ricevuto la profilassi, il rischio di contrarre l’infezione da vaiolo delle scimmie in maniera grave è forse scongiurato. «La vaccinazione contro il vaiolo umano protegge in una certa misura – rimarca Mauro Pistello, ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica all’Università di Pisa – Il sistema immunitario avrebbe bisogno di esercizio, e invece il virus del vaiolo umano non ha avuto modo di allenare il sistema immunitario a riconoscerlo. Però, la lezione imparata 60 anni fa, in un certo senso, è stata posta nel cassetto; il sistema immunitario infatti non dimentica. Per ora, i soggetti con infezione conclamata sono solo non vaccinati. Non è detto però che i vaccinati non possano avere un’infezione asintomatica. E quindi sfuggano al tracciamento».

Ma i rischi di nuove infezioni non finiscono qui. Se infatti compare la febbre dopo essere stati punti da una zanzara, potrebbe trattarsi di West Nyle virus (Wnv). Dall’inizio di giugno sono stati segnalati in Italia 94 casi confermati di infezione da Wnv nell’uomo. Il primo caso umano della stagione è stato segnalato dal Veneto nella provincia di Padova. Sette di decessi tra i casi confermati (5 in Veneto, 1 in Piemonte e 1 in Emilia-Romagna). Alla febbre del Nilo si è poi aggiunto il virus usutu, una sorta di parente stretto del primo, con focolai segnalati vicino Frosinone e in alcune zone della Sardegna. Per gli esperti, queste malattie erano forse prevedibili. «Da una parte, incidono i cambiamenti climatici – spiega Andreoni – Alcuni insetti si stanno insediando anche nel nostro paese, come era già successo per la zanzara tigre». Ma la globalizzazione e la mobilità dei turisti hanno poi fatto tutto il resto. «Si tratta di malattie con cui convivere – rimarca Pistello – I casi sono difficili da distinguere, ma si sta cercando di sviluppare antivirali a largo spettro». Intanto, si continua a osservare con attenzione i casi di Covid. La diffusione sembra in calo, ma la presenza di nuovi varianti, individuate anche in Cina, potrebbe mettere a dura prova la gestione pandemica del prossimo autunno.

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