CASERTA – Sarà che abito nella zona est di Caserta più esposta ai venti gelidi dei Balcani, ma stamattina era impressionante e devastante lo spettacolo del vento furioso che ha flagellato la nostra città. Dopo il freddo polare e le piogge torrenziali, un altro violento fenomeno climatico ci affligge. Se ciò avviene oggi con più violenza rispetto al passato, non è solo colpa del maltempo, della natura che cambia, ma anche di ottuse scelte umane.
Lo sfregio delle cave è diventato enorme. Le colline dei Tifatini non ci proteggono più come una volta. La corta visione politica e scarsa sensibilità ambientale degli amministratori continua a produrre danni incalcolabili: un dissesto idrogeologico senza pari. Nessuno interviene per fermare il disastro. Mi chiedo cosa altro debba accadere per fermare le attività estrattive e chiudere quei due grandi mostri (i cementifici di Cementir e di Moccia) che ci divorano la vita e la salute. Sotto gli occhi distratti delle classi dirigenti locali si sta perpetrando un vero e proprio dissesto idrogeologico, anche con gravi danni sulla salute delle popolazioni.
Per queste ragioni dobbiamo chiedere con più forza alle più alte autorità dello Stato e della Regione – anche al Presidente della Repubblica – di fermare questa folle corsa verso la distruzione dell‘eco-sistema in una delle aree a più alta densità urbana e produttiva. A questo punto occorre un intervento autorevole per fermare questo scempio assurdo e vergognoso, nel pieno rispetto delle regole e delle prerogative istituzionali.
Da parte delle associazioni ambientali e dei cittadini, negli anni scorsi più volte è stato riproposto con forza all’attenzione dell’opinione pubblica uno degli scandali più evidenti: la devastazione delle cave (che stanno divorando anche le chiese di S. Lucia e di S. Michele) . Continua un’ opera di escavazione e distruzione ecologica, che ha già prodotto una situazione di disastro ambientale per molti versi irreversibile.
Un incredibile silenzio, accompagnato da disattenzione (o per meglio dire connivenza), caratterizza le istituzioni locali fino a quelle culturali ed educative, che rimangono inerti e “distratte” (per dirla con Antonio Pascale) di fronte a questo immane scempio. Tra l’altro, come hanno messo bene in evidenza alcune indagini (come quella dei giudici Donato Ceglie e Paolo Albano), è proprio dalle attività estrattive e dalla lavorazione del calcestruzzo che prende corpo uno dei filoni più redditizi dell’economia criminale e camorrista.
Ricordiamo che alcuni anni fa il V E Raffaele Nogaro denunciò questo scandalo. Purtroppo rimase isolato ed inascoltato (anche dalla stampa locale).Ora è arrivato il momento di ribellarsi e di indignarsi per lanciare un appello, in primo luogo alle massime autorità istituzionali (dal Presidente della Provincia fino ai sindaci di Caserta e Maddaloni): cosa aspettano ad intervenire prima che avvenga qualche altro disastro per poi gridare alla fatalità naturale!
Lo stesso richiamo vale anche per il mondo della cultura, per le associazioni del terzo settore (laiche e cattoliche), per tutte le forze politiche, per le organizzazioni imprenditoriali e sindacali. Di fronte a questa situazione a nessuno può essere consentito di barattare un bene comune come l’ambiente in cui viviamo, con la giusta difesa del diritto al lavoro ed al salario. Al riguardo, come è avvenuto in tante altre realtà, si possono progettare interventi per riutilizzare le cave destinandole ad altre attività di tipo sociale e produttivo, in primo luogo per ripristinare i siti naturali, con la salvaguardia dei lavoratori addetti e la creazione di nuova occupazione. In merito l’università (a partire dal Polo Scientifico della SUN) può dare un contributo decisivo per rilanciare un dibattito ed un confronto su nuove idee di crescita sostenibile per il nostro territorio. Tra l’altro le cave bloccano anche i lavori per il nuovo Policlinico, una delle tante grandi opere incompiute, che rischia di diventare una chimera per lo sviluppo economico e sociale di Terra di Lavoro.
Pasquale Iorio
VP Aislo