SESSA AURUNCA – Ad Antonio Salerno, ex impiegato dell’ufficio del giudice di pace di Sessa Aurunca, deceduto nel 2009 a causa di un tumore, viene tuttora corrisposto uno stipendio mensile di 1.400 euro. L’ultimo solo qualche giorno fa. A nulla sono valse nel tempo le richieste del fratello, Gianpaolo, che, dall’accredito del primo indebito, ha provato a bloccare la macchina del Tesoro.
“Abbiamo fatto il possibile”. Sempre questa la risposta alle continue segnalazioni effettuate all’ufficio del giudice di pace a cui Gianpaolo Salerno si e’ affidato per mesi, aspettando pazientemente che il problema venisse risolto. Comunicazioni orali, lettere, e-mail per chiedere che i versamenti del Ceiiss di Latina sul conto corrente postale del fratello venissero interrotti. Perche’ Antonio era morto, perche’ quei soldi non gli spettavano piu’. “E’ evidente che dette retribuzioni non competono – si legge in una raccomandata inviata – quindi si prega di valutare la mia segnalazione”. Circa 40 mila euro in un conto bloccato. Non puo’ essere chiuso a causa dei pagamenti e la somma non puo’ essere ne’ prelevata ne’ rimborsata fino alla presentazione della dichiarazione di successione da parte degli eredi. “Quei soldi non sono stati toccati e incontreremo molte difficolta’ nel restituirli – dichiara Gianpaolo Salerno all’Adnkronos – Ma e’ soprattutto una questione di giustizia. In Italia la gente e’ disposta a tutto per il denaro e chi reclama per non averlo non viene ascoltato. Ho riscontrato comportamenti di disinteresse totale. Questo Paese si muove al contrario”. “Danno cio’ che non e’ lecito avere ma non e’ possibile avere cio’ che spetta di diritto – continua il fratello dell’impiegato defunto – Invece dello stipendo lo Stato dovrebbe corrisponderci tutte quelle competenze che derivano dai 30 anni del suo lavoro”. Gianpaolo nel novembre del 2010 ha, infatti, contattato nuovamente l’ufficio del Comune casertano richiedendo la liquidazione del compenso sostitutivo delle ferie maturate e non godute, la tredicesima mensilita’ per l’anno 2009 e l’equo indennizzo delle cause di servizio in corso. Dall’Inpdap pretende invece l’indennita’ di buonuscita. Ancora una volta nessuna risposta. Da li’ una lettera, lo scorso 3 giugno, al ministero di Giustizia. Per ribadire che le ulteriori segnalazioni non erano state ascoltate, che lo stipendio continuava ad essere accreditato e gli emolumenti non corrisposti. In qualita’ di erede e per conto degli altri aventi diritto, il padre Nicola e la sorella Chiara. Sollecita la richiesta dei documenti da compilare ma, una volta inviati, di nuovo il silenzio. “Non ho mai accelerato i tempi perche’ in famiglia non abbiamo bisogno di soldi – sottolinea Gianpaolo Salerno – ma se ne avessimo avuto saremmo caduti in disgrazia”. Intanto l’impiegato dell’ufficio del giudice di pace che ha curato la causa si giustifica. Negli ultimi tempi e’ stato il solo a lavorare in quella sede a causa dei tagli al personale e non aveva le qualifiche per occuparsi della questione. “Io ho inviato il certificato di morte al ministero di Giustizia, Ufficio V e alla Corte di Appello di Napoli – spiega- ma nessuno mi ha mai detto che avrei dovuto mandarlo anche al ministero dell’Economia. Comunque non ho mai ricevuto risposta da entrambe le istituzioni”. “Solo lo scorso settembre ho provveduto ad inviare quanto necessario alla direzione provinciale del Tesoro – aggiunge l’impiegato dell’ufficio casertano – Mi hanno riferito che adesso la pratica e’ stata avviata”. Ma Gianpaolo non ne sa nulla. I soldi sono ancora sul conto e lo stipendio di settembre e’ stato corrisposto. Degli emolumenti dovuti non v’e’ ancora traccia.