Gli occhi chiusi e le mani giunte nella bara non rendono giustizia a una donna che per tutta la vita e’ stata una militante e ha cercato di scoprire chi fossero i mandanti dell’omicidio del figlio, ucciso davanti ai suoi occhi nel 1980, a soli 19 anni.
A prendere in giro la morte allora c’e’ una sua gigantografia che la ritrae con un cappellino alla francese mentre fuma irriverente una sigaretta e guarda nell’obiettivo. E dietro la bara il ritratto, a tutta parete, di Valerio, del suo Valerio. Se ne va cosi’, tra pugni alzati e lacrime, Carla Verbano. A centinaia l’hanno salutata oggi nella palestra che porta il nome del figlio, ucciso da un commando di estremisti di destra nel 1980, nel quartiere Tufello. Sono in tanti ad andare ad accarezzare il suo viso, quasi tutti giovani, quei giovani che lei non si e’ mai stancata di incontrare, quelli con cui chattava anche a 88 anni, quelli che parlavano con lei di politica, quelli che oggi dicono di aver perso ‘una mamma’. Sono venuti perfino i No Tav della Val Di Susa per portare uno striscione di addio ma anche dai comitati contro le discariche a Napoli. E’ venuto il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti: ”Ora sta a noi continuare a impegnarci per la verita’ e la giustizia, cosi’ come ha fatto per tanti anni una donna coraggiosa come lei”. C’erano anche Paolo Cento, Marco Rizzo, ed erano assenti, come avevano chiesto dalla Palestra popolare, il sindaco Gianni Alemanno e la presidente della regione Lazio Renata Polverini. Sulle note di Smoke get in your eyes la bara, coperta solo dalla corona di gerbere rosse’ e’ stata portata fuori. Poi un improvvisato corteo, dietro il feretro, accompagnato da Bella Ciao. Sara’ cremata e, come era suo desiderio, le sue ceneri saranno disperse in un posto segreto. Un posto che ricordava a Carla la vita felice con il marito Sardo e il figlio Valerio, felice prima di quel maledetto giorno in cui le ammazzarono il figlio.